Pentiti di niente. Milano, 14 aprile 1975, l’ingegnere è stato rapito. Il sequestro e l’omicidio di Carlo Saronio

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C’è una storia che taglia a metà gli anni Settanta arrivando a lambire quasi tutti gli Ottanta e che diventa un paradigma non solo dello sbando di alcuni personaggi che non trovano collocazione in quel decennio di ideali, ma anche di scontri politici. È quella di Carlo Saronio, giovane ingegnere della borghesia milanese che si avvicina alla sinistra extraparlamentare, ma che finisce preda della bramosia di alcuni di questi personaggi. Oltre al dramma personale di un sequestro e di un omicidio, la vicenda di Carlo Saronio racconta anche la nascita di un fenomeno, quello della dissociazione dalla lotta armata, e della sua strumentalizzazione da parte di chi andava a caccia di sconti di pena. Riuscendo a ottenerli.

Mentre si indaga su chi ha rapito l’ingegnere, la Milano che ne emerge in un primo momento sembra una specie di Marsiglia in cui il Mediterraneo viene sostituito dai Navigli e dalla darsena di Porta Ticinese, ma che nulla ha da invidiare alla disinvoltura dei banditi d’Oltralpe. Una Milano in cui la politica arriva fino a un certo punto e la malavita fa da padrona tra evasioni, ricatti, giri di denaro da riciclare, bella vita ogni volta che si arraffa un po’ di contante. Dove l’umanità si scontra e perde di fronte al profitto criminale e dove non esiste alcun codice etico quando si decide di speculare anche su un cadavere in precedenza fatto sparire.

Ma poi all’improvviso lo scenario cittadino si modifica e quegli stessi personaggi, dai protagonisti alle comparse, dalle vittime ai carnefici, diventano gli interpreti di un copione a sfondo terroristico dove l'”Organizzazione” viene prima di tutto. Anche della solidarietà verso un compagno e dell’amicizia tra due giovani che stanno dalla stessa parte. Il cambiamento è così repentino che non sembra di essere ancora in quei quartieri. Sembra a questo punto di aver attraversato i confini della realtà per entrare in un romanzo di fantapolitica in cui si può raccontare tutto e il contrario di tutto.
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Pentiti di niente: caso Saronio, il processo di secondo grado e il memoriale Fioroni

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Carlo SaronioCon la fine del processo di primo grado, la sentenza diventa definitiva per una parte degli imputati nel caso Saronio che, condannati per alcuni reati marginali, non ricorrono in secondo grado e beneficiano di una recente amnistia. Sono Franco Prampolini, Maria Cristina Cazzaniga, Ugo Felice, Luigi Carnevali, Rossano Cochis, Domenico Papagni e Pietro Cosmai. Ad appellarsi sono invece coloro che si vedono riconosciuti colpevoli dei reati più gravi: Carlo Fioroni, Giustino De Vuono, Carlo Casirati, Alice Carobbio, Gennaro Piardi, Brunello Puccia, Maria Santa Cometti, Gioele Bongiovanni, Enrico Merlo, Giovanni Mapelli, Maria Chiara Ciurra e Alberto Monfrini.

Il processo di secondo grado per il sequestro e l’omicidio dell’ingegnere milanese si apre con giudizi tranchant in particolare sull’atteggiamento dei politici della banda:

La miserevole fine di Carlo Saronio è stato l’epilogo fisiologico della teorizzazione perversa del cosiddetto ‘esproprio proletario’, escogitato per autofinanziamento dei gruppi eversivi, ma necessariamente modellato sulla operatività della criminalità comune.

I militanti che vi prendono parte vengono definiti “unti del Signore, unici depositari di verità e giustizia” in forza di una “presunzione” che si trasforma in “jattanza” quando passano dalle parole ai fatti. La condanna – se (come si vedrà) non tanto sul piano giudiziario quanto su quello morale – sembra senza appello.
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