“Eravamo solo bambini”: lo chiamavano il nido degli angeli, era il regno della brutalità

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Eravamo solo bambiniErano gli anni Sessanta, ma a Grottaferrata, cittadina del Lazio non lontana da Roma, gli echi di contestazioni e sommovimenti politici erano così distanti da non esistere. Qui, raccontano gli atti giudiziari, c’era un istituto, il Santa Rita, che doveva “accogliere 50 subnormali con trattamento familiare”, affidati alla sua direttrice, suor Maria Diletta Pagliuca, e ai suoi collaboratori. Ma in quegli anni non si faceva tanta attenzione alle facoltà intellettive dei piccoli ospiti e così bambini con problemi familiari venivano mischiati a coetanei a cui si aggiungevano difficoltà di altra natura.

Tutti loro, però, erano accomunati da un elemento: i maltrattamenti che subivano dal personale e dalla direttrice. Malnutriti, non assistiti, lasciati al freddo, percossi, legati e puniti ben oltre la tortura fisica e psicologica, i piccoli hanno subito di tutto senza potersi difendere. La vicenda di questa casa di accoglienza, chiamata “il nido degli angeli”, viene raccontata nel libro di Massimo Polidoro Eravamo solo bambini in presa diretta, attraverso i ricordi di Mario, un dodicenne che dopo aver girato vari istituti approda qui e vive fin dal primo momento la brutalità a cui ognuno viene sottoposto. È una vita di espedienti, quella degli ospiti che riescono a reagire, fatta di piccoli stratagemmi per tutelarsi dalle angherie quotidiane. E di devastante passività l’esistenza di chi invece non le capacità per sfuggire alle attenzioni degli aguzzini.

Quando questa vicenda verrà a galla, grazie all’indagine di un carabiniere, le accuse formulate a carico della direttrice comprenderanno “maltrattamenti aggravati e continuati”, “gravi lesioni”, l’aggravante dei “motivi per lucro”, “truffa a enti pubblici” e “sequestro di persona”. Ma le condanne furono tutto sommato miti: quattro anni e qualche mese, concessione di attenuanti generiche e assoluzione per i reati più gravi. Le “condanne” per i piccoli ospiti, invece, saranno a vita, segnati nell’infanzia da una violenza che non così di rado perpetreranno su altri in età adulta.
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