“Su la testa”: traffici d’armi fra Italia, Iran e oltre

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Su la testa, numero 10Indagini giudiziarie degli ultimi anni confermano la centralità dell’Italia in traffici d’armi con Paesi sotto embargo. È vero che le rotte di affari illegali nel corso dell’ultimo ventennio hanno visto emergere lo smaltimento dei rifiuti verso nazioni dell’Est Europa e dell’Africa (ma si sono ricostruiti anche viaggi a ritroso, con interramenti in territorio italiano di materiale proveniente dal sud del mondo; si veda per esempio l’operazione Ragnatela della procura di Napoli che ha di recente lambito, tra gli altri, Eni, Agip. Alenia, Autostrade, Alitalia e Rai). I rifiuti, a un certo punto, rispetto alle armi si sono rivelati un business più remunerativo e meno rischioso, dal punto di vista penale. È però altrettanto vero che lo smercio di materiale bellico, con la recrudescenza di conflitti caldi o freddi nel vicino Medio Oriente, ha dato nuova linfa ai trafficanti.

Dall’Italia alla Nigeria e all’Eritrea passando per Teheran

Lo testimonia per esempio una notizia che del marzo 2010 si è guadagnata una certa attenzione sulla stampa italiana: l’arresto – con detenzione prima in carcere e poi passaggio ai domiciliari e permesso, in alcuni casi, di lasciare di giorno l’abitazione per andare al lavoro – di sette persone, cinque italiani più o meno legati all’industria bellica e alle transazioni estere e due iraniani (tra cui un giornalista accreditato presso la sala stampa estera di Roma. Altri due mediorientali raggiunti da mandato di cattura si sono dati alla latitanza). Per loro l’ipotesi reato era “associazione a delinquere finalizzata all’illecita esportazione verso l’Iran di armi e sistemi militari di armamento, in violazione del vigente embargo internazionale, con l’aggravante della transnazionalità”.
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