L’errore, oggi come negli Anni Novanta, sarebbe quello di credere che tutti i serbi la pensano e agiscono così. Quella che segue è un’intervista che risale a qualche tempo fa ormai e che ben rende ciò che sono stati gli ultimi due decenni da quelle parti.“Milosevic? Ha deviato un percorso di risveglio nazionale verso un autoritarismo nazionalista”
Ricordi dal passato e incertezze sul futuro
Parla Djordje Ristic, giornalista di Belgrado che, da uomo libero di esprimere la sua opinione, traccia un bilancio degli anni della dittatura e della ricostruzione in corso
“Quanto Tito morì, si diffuse un’ansia generalizzata, un’ansia sul nome del successore che fu una presenza costante tra la gente. Questo accadeva anni prima che Milosevic si insediasse al potere e trascinasse il paese in un incubo”. Djordje Ristic ha sessantatré anni ed è un giornalista in pensione che, non rassegnato a lasciare una redazione, ha fondato una rivista automobilistica che ora è il suo orgoglio. Oggi vive giornate tranquille, cadenzate dal numero mensile da chiudere e dal circolo nautico sulla Sava, il “Jedrilicarski Klub Gemax”, di cui è presidente e che vanta una delle più forti squadre di vela dei Balcani. Sicuramente più tranquille di quando, professionista dell’informazione, si era trovato suo malgrado a fare i conti con la censura, le pressioni che arrivavano dall’alto, dall’impotenza di fronte a una situazione nazionale e internazionale che si andava deteriorando anno dopo anno.
Al momento della successione, qual era l’opinione su Slobodan Milosevic?
Suscitava diffidenza sia all’interno che all’esterno del partito. Non era ritenuto al livello di Tito che, nonostante i limiti della sua applicazione del socialismo reale, garantiva ai cittadini la loro dignità sociale. Su Milosevic si può formulare solo una considerazione: ha avuto una grande abilità sostanziale che è stata quella saper cavalcare il risveglio di un grande movimento nazionale serbo. Un movimento che serpeggiava un po’ ovunque e che era particolarmente vivo in Kosovo. Ma si trattava appunto di un movimento nazionale, che si concretizzava in un’atmosfera di libertà, nella voglia di manifestare, nel reclamare i propri diritti. Non aveva una connotazione nazionalista. Il dittatore si dichiarava comunista, ma non era neanche questo. Riuscì a farsi capofila del nascente sentimento di ripresa culturale e politica serba per imbrigliarlo verso posizioni autoritarie sempre più soffocanti.
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