Revisionismi post-elettorali

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Lui alle celebrazioni del 25 aprile non ci va, ma rilascia implausibili dichiarazioni a proposito di “definitiva pacificazione nazionale” e di “ragioni dei ‘ragazzi di Salò'”. Forse è anche per poter parlare di questi argomenti che la “libera stampa” di cui scrive Pino Nicotri non ha posto qualche questione scomoda all’entrante capo del governo. Come questa:

Nessun giornalista in campagna elettorale gli ha fatto la fatidica domanda: da presidente del consiglio, come intende risolvere il problema della sentenza della Corte di Giustizia europea che condanna l’Italia a pagare una multa di 400.000,00 euro al giorno (sì! quattrocento mila euro al giorno), perché rete4 non va sul satellite per lasciare le frequenze a Italia7 che ne ha diritto da 12 anni? Chi pagherà questa multa: Berlusconi di tasca sua o gli Italiani di tasca loro? È una tassa imposta agli Italiani o un obolo degli Italiani all’oratorio di Arcore?

E Nicotri racconta nel suo lungo post diverse altre storie interessanti: dal maxi prestito ad Alitalia che improvvisamente raddoppia ai neoeletti galeotti (o candidati tali) fino alle recenti traversie giudiziarie per questioni di tangenti della famiglia Marcegaglia.

Esportazioni italiane e lo “Stato” dei missili

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Con una maggioranza parlamentare di destra, le buone notizie corrono veloci. E, leggendo in giro, pare che sia vero che, almeno per alcuni settori, le esportazioni siano in aumento. Il settimanale Left, in un reportage pubblicato qualche giorno fa, lo conferma e non si può dire di certo che sia un organo al soldo dei vincitori delle elezioni. Infatti, dice subito nel sommario Sofia Basso, la giornalista che si è occupata dell’argomento:

In due anni l’export di armi made in Italy è aumentato del 74 per cento. Nella metà dei casi, è finito in Paesi non Nato. Per il 2007 spicca la fornitura di intercettori antiaerei al Pakistan.

E prosegue:

Mentre in Pakistan infuriava la più sanguinosa campagna elettorale della storia del Paese, l’Italia autorizzava Mbda, partecipata Finmeccanica, a vendere al generale Musharraf 443 milioni di euro di missili antiaerei “spada”. Un sistema con funzioni difensive ma molto sofisticato, in grado di colpire contemporaneamente quattro obiettivi mobili […]. La maxicommessa con il Pakistan ha fatto segnare un nuovo record all’export di armi italiane, che nel 2007 ha incassato autorizzazioni per quasi 2,4 miliardi di euro, il 9,4 per cento in più del 2006, che già aveva marcato un incremento del 61 per cento rispetto all’anno precedente.

E se questi dati si riferiscono ovviamente a competenze governative diverse da quelle attuali, sarà interessante vedere se il trend si mantiene.

McMafia, il crimine globale e una considerazione post-elettorale

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McMafia di Misha GlennyUn paio di giorni fa, su BoingBoing Mark Frauenfelder segnalava il libro McMafia: A Journey Through the Global Criminal Underworld scritto dal giornalista Misha Glenny (Knopf, 2008). Un testo che si annuncia interessante dato che affronta tipologie di reati differenti (traffico di droga, contrabbando di sigarette, criminalità informatica, stoccaggio di scorie nucleari) dimostrando come esistano e quali siano le interconnessioni tra realtà così variegate. Globalizzazione, la chiamano, e anche in questo caso gli effetti dell’era postsovietica mi mescolano a eventi che si verificano nella Gran Bretagna, a Mumbai, nelle campagne colombiane o nelle periferie statunintensi. Per farsi un’idea più circostanziata del libro, qui è stato pubblicato un estratto.

Inoltre, anche se con un po’ di ritardo, segnalo l’intervento di Franco Bifo Berardi su Rekombinant a proposito di diritti, elezioni, politica e media. In particolare:

Lasciamo perdere l’idea di ricostruire la sinistra, perché la sinistra non ci serve. È un concetto vuoto, che si può riempire soltanto di passato. La società non ha bisogno di un nuovo apparato di mediazione politica. Non ci sarà mai più mediazione politica. Il capitale ha scatenato la guerra contro la società. Non possiamo far altro che adeguare ad essa i nostri strumenti e i nostri linguaggi. Non possiamo combattere quella guerra sul piano della violenza, per la semplice ragione che la perderemmo. La società deve costruire le strutture della sua autonomia culturale: dissolvere le illusioni che sottomettono l’intelligenza al lavoro al consumo e alla crescita, curare lo psichismo collettivo invaso dai veleni della paura e dell’odio, creare forme di vita autonoma autosufficiente, diffondere un’idea non acquisitiva della ricchezza. Non abbiamo altro compito. Ed è un compito gigantesco.

Nazirock: un documentario sulla “Nashville” nera e la destra italiana

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NazirockSta continuando a incontrare diverse difficoltà in fase di promozione il film Nazirock (Feltrinelli, collana Real Cinema), documentario sull’estrema destra in Italia girato dal giornalista Claudio Lazzaro, già autore di Camicie verdi (qui un po’ di articoli in proposito). I motivi dei problemi sono le contestazioni di Forza Nuova, determinate dal nodo attorno a cui il film si articola:

La destra radicale in Italia può raggiungere il mezzo milione di voti e diventare determinante, in un quadro politico in cui ne bastano 25.000 a decidere chi governerà il Paese. Per questo viene sdoganata. Nazirock racconta questo passaggio politico, usando come filo conduttore le band che infarciscono di testi fascisti la loro musica skin, oi, white power e punkadestra.

Il film apre con le immagini dei “due milioni” convocati a Roma dall’opposizione al governo Prodi, il 2 dicembre 2006, ma soprattutto racconta la Nashville dell’estrema destra: una grande manifestazione, organizzata da Forza Nuova, il movimento guidato da Roberto Fiore (condannato a nove anni per banda armata), che si è svolta a Viterbo, nel Lazio, con la partecipazione dei principali gruppi rock assieme a militanti e a leaders provenienti da Spagna, Germania, Francia, Grecia, Libano e Romania.

Per dare un’occhiata a ciò che ai ragazzi di Fiore dà così tanto fastidio, ci sono sequenze audio e video del film sul sito del documentario, disponibili anche su Youtube, oltre alla rassegna stampa degli ultimi mesi. Documentazione sul fenomeno nel suo complesso si può trovare poi qui.

Mangano: se un mafioso diventa eroe

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Lirio Abate e Peter Gomez - 8 settembre 2007, Palermo - Foto di Calogero GiuffridaLirio Abate è un giornalista palermitano che di mafia ne sa e ne scrive al punto che, a causa dei suoi reportage, vive sotto scorta e ha subito molto più che minacce e intimidazioni. Qui qualche informazione ulteriore. Con l’articolo Mangano: se un mafioso diventa eroe, pubblicato su Articolo 21, spiega ciò che i candidati alle politiche del prossimo fine settimana raccontano (come lo raccontano e che cosa tacciono) quando si parla di cosa nostra.

I politici parlano tanto e cercano di raccogliere voti anche negli angoli più sporchi della Sicilia. Sono pronti a tutto. A stringere accordi con la mafia, anche se pubblicamente devono scagliarsi contro Cosa nostra o le altre mafie. Insomma, a parole sono tutti bravi. Molti politici, della legalità, dell’etica e della giustizia però non vogliono saperne nulla, perché sono elementi che non portano voti. La mafia, invece, sì.

Quando Silvio Berlusconi è arrivato in Sicilia domenica 6 aprile, qualcuno gli ha suggerito che era opportuno – per una questione mediatica – che dal palco di Palermo e poi da quello di Catania, qualcosa contro la mafia era opportuno che la dicesse. Al cavaliere questa parola “mafia” non va proprio giù e da tempo non riesce a pronunciarla. Forse per questo ha pensato bene di dire che “tutti i voti al PdL saranno utilizzati contro la criminalità organizzata”, che è molto diversa da Cosa nostra. Alcune ore dopo, al termine del pranzo, interpellato dai giornalisti che si chiedevano come mai non avesse pronunciato la parola mafia, il cavaliere ha specificato: “Per quanto riguarda la Sicilia, i voti al Pdl saranno usati contro la mafia; nelle altre regioni contro ‘ndrangheta, Camorra e Sacra corona unita. Così mi sembra di essere molto chiaro”. Chiarissimo. Anche per i boss.
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“Flow”, solo per amore dell’acqua

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Flow: For Love Of WaterFlow: For Love Of Water è un documentario diretto da Irena Salina che si concentra su una questione specifica: l’acqua e la relativa crisi idrica planetaria perché – si spiega nella presentazione – “la precaria relazione fra l’umanità e l’acqua non può essere ulteriormente ignorata”. E, accanto alla promozione del film, il sito che sostiene anche la petizione per aggiungere un articolo, il trentunesimo, alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sostenendo che:

Tutti hanno il diritto all’acqua pulita e accessibile, sufficiente per la salute ed il benessere dell’individuo e della famiglia, e nessuno sarà privato di tale accesso o tale qualità d’acqua indipendentemente dalle proprie circonstanze economiche.

Tornando al film, se ne parla diffusamente su BoingBoing per tastiera di Cory Doctorow e le novità sulla pellicola possono essere seguite attraverso il relativo blog. Infine, chi volesse contribuire a promuovere “Flow”, può trovare una serie di video qui oppure può decidere di passare ad altre forme d’azione.

Se li conosci li eviti: una mappa di chi parla in parlamento

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Se li conosci li evitiCon l’approssimarsi delle elezioni, arriva in libreria un nuovo volume firmato dalla coppia Marco Travaglio e Peter Gomez (coppia abbondantemente collaudata, considerando i titoli firmati insieme, che partono dal 2001 con La repubblica delle banane per comprendere E continuavano a chiamarlo impunità, uscito in edizione aggiornata dopo essere stato oggetto di attacchi giudiziari da parte di uno dei “principali protagonisti”). Si tratta di Se li conosci li eviti il cui sottotitolo già dice molto sul contenuto del libro, “raccomandati, riciclati, condannati, imputati, ignoranti, voltagabbana, fannulloni del nuovo parlamento”. E sulla presentazione che se ne fa sul sito dell’editore, Chiarelettere, qualche anticipazione, qualcuna meno ignota di altre ma utile da ricordare:

  • “Mi sono battuto fino all’ultimo perché Enzo Biagi restasse alla Rai.” (Silvio Berlusconi, febbraio 2008).
  • “Non penso affatto di presentarmi come leader del centrosinistra.” (Walter Veltroni, gennaio 2006).
  • “Voglio che sia a tutti chiaro che non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi.” (Gianfranco Fini, novembre 2007).
  • “Italia, Italia, vaffanculo!” (Mario Borghezio, luglio 2005).
  • “Veltroni leader del Pd? Non finché io vivo.” (Massimo D’Alema, giugno 2006).
  • “Un uomo, con il mio curriculum, l’avrebbero già fatto presidente della Repubblica.” (Anna Finocchiaro, maggio 2005).

Pino Nicotri: la chiesa e le scelte religiose mascherate da scelte politiche

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  • Pino Nicotri, Ecco il dossier sui 6.000 schiavi del lavoro sfruttati dalla Chiesa durante il nazismo:

    Il problema però è che questo merito non cancella una realtà troppo poco nota: in fatto di schiavitù la Chiesa, da S. Paolo in poi, è sempre stata pronta ad avvalorarla, a volte perfino proibendo il sacerdozio a chi era stato schiavo. Tutti eguali e fratelli sì, ma “in Cristo”: NON di fronte alla legge, ai diritti e ai doveri del mondo terreno. Mentre gli ebrei dopo 7 anni erano tenuti in linea di massima a liberare i propri schiavi, la variante dell’ebraismo chiamata cristianesimo non aveva questo limite, ammetteva invece che si potesse restare schiavi l’intera vita e che i figli degli schiavi fossero schiavi anch’essi, come tali separabili dai genitori e vendibili anche da bambini. E proprio questa legittimazione dello schiavismo ha fatto pendere la bilancia in favore del cristianesimo fino allo “sdoganamento” deciso da Costantino e alla messa fuorilegge di tutte le altre religioni decisa da Teodosio. Il cristianesimo infatti ben si prestava cos¡ a evitare le endemiche rivolte degli schiavi (delle quali in pratica a scuola ci fanno conoscere solo quella capeggiata da Spartaco): concedeva loro l’eguaglianza, sia pure “in Cristo” e non davanti alle leggi e ai diritti, e prometteva agli schiavi e ai poveri cristi in generale non solo il paradiso, bensì perfino che essendo stati in terra gli ultimi sarebbero stati i primi nell’aldilà… Insomma, col cristianesimo la pace sociale era assicurata, a differenza che con l’ebraismo o il paganesimo, e quindi lo Stato, vale a dire l’Impero Romano, fece le sue scelte politiche camuffate – as usual – da scelte religiose.

Mother Jones: il ritorno a Torquemada e allo stato preilluminista

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Una cartolina internazionale spedita dagli Stati Uniti e firmata da Mother Jones per raccontare del Ritorno a Torquemada:

“Cos’è l’America? un pezzo di terra, un caleidoscopio di etnie e culture, un mercato. Ma prima di tutto è un quadro di riferimento legale e morale. È l’espressione di quei diritti dell’uomo di cui Thomas Jefferson parlò nel 1776”. Se adottiamo la “nozione piuttosto arrogante dell’eccezionalismo americano”, per cui gli Stati Uniti devono indicare la via al resto del mondo, dobbiamo chiederci quale esempio stia dando oggi la superpotenza. Mother Jones ha una risposta durissima: “Siamo tornati a essere uno stato preilluminista”, soprattutto per l’uso diffuso della tortura. Certo, episodi di tortura ci sono sempre stati, ma “quando uscivano allo scoperto venivano condannati, non condonati”.

Oggi George W. Bush difende apertamente l’uso di “tecniche d’interrogatorio dure”, e tra Abu Ghraib e Guantanamo la barbarie impera. “Se consentiamo alla paura di governarci, se giustifichiamo i metodi dell’Inquisizione e ci sbarazziamo delle garanzie in vigore da secoli, perdiamo tutto quello che pretendiamo di difendere. Perciò dobbiamo vigilare contro la tortura. Non solo perché produce risultati discutibili o perché giustificandola facciamo aumentare il rischio che venga usata contro i nostri soldati e cittadini. Semplicemente, perché la tortura è contro lo spirito americano”.