Da Libera Cultura. Yahoo! ha appena lanciato un motore di ricerca riservato alle opere coperte dalle licenze Creative Commons. Sarà così possibile individuare facilmente quei contenuti pubblicati da autori che permettono la condivisione o il riutilizzo dei propri lavori a determinate condizioni. Pur se ancora in versione beta, il motore funziona — indicizza perfino questo sito: provare per credere!. Notizia sicuramente importante per le ripercussioni che avrà nel favorire la diffusione della cultura libera, aperta, condivisa. Come fa notare Lawrence Lessig nel suo blog i dirigenti di Yahoo! hanno dimostrato “avere la giusta visione della rete del futuro: non una piattaforma per distribuire qualcosa, ma piuttosto una piattaforma che consente lo sviluppo delle comunità.”
Author: Antonella
Ilaria Alpi: +11 anni
StandardDa RaiNews. Ilaria Alpi. Taormina: abbiamo i sei nomi del commando. Il Sismi non collabora
Il commando che il 20 marzo del 1994 uccise in Somalia la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi ed il suo cameraman Miran Hrovatin “era composto da sei persone, più un mandante somalo”. In una conferenza stampa con altri membri della commissione di inchiesta sul caso Alpi ed i genitori della giornalista, il presidente della commissione Carlo Taormina ha spiegato che l’organo di inchiesta parlamentare “è in possesso dei nomi delle persone che componevano il commando”.
Dal 18 al 24 aprile prossimi la commissione di inchiesta parlamentare si recherà a Nairobi per “ascoltare testimoni oculari che ci diranno – ha spiegato Taormina – se questi nomi sono attendibili come sospetti”. Taormina ha precisato: “Noi siamo in possesso di un punto di partenza investigativo tutto da cristallizzare. Nel momento in cui sarà cristallizzato, trasmetteremo tutto alla magistratura”.
Secondo una ricostruzione resa possibile dopo la riesumazione del cadavere, Ilaria Alpi sarebbe stata uccisa da un unico colpo alla testa sparato da un kalashnikov. La circostanza dovrà essere confermata dall’esame dell’autovettura sulla quale viaggiavano Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin. Per trovare ulteriori risconti, inoltre, la commissione partirà per Nairobi, in Kenia, dove saranno ascoltati alcuni testimoni oculari. Si tratta di testi alcuni dei quali non sono mai stati ascoltati”. E stasera mentre su Rai Tre è attesa la prima televisiva del film sulla vicenda, l’azienda televisiva pubblica è stata diffidata dal mandarlo in onda dai legali di due delle persone coinvolte sulla vicenda.
Si può ragionevolmente ritenere che il Sismi, la struttura più direttamente implicata nelle indagini sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, abbia mostrato gravissime lacune dal punto di vista dell’acquisizione dei dati per l’inchiesta”. In una conferenza stampa organizzata a San Macuto alla vigilia dell’undicesimo anniversario della morte della giornalista del Tg3 e del suo cameraman, il presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul caso Alpi, Carlo Taormina ha lanciato il suo atto di accusa contro il Sismi, sostenuto dagli altri membri della stessa commissione.
Letteratura libera
StandardDa un’iniziativa de iQuindici: Diffusione della cultura: le ragioni del copyleft – Lettera aperta a tutti gli editori italiani.
Stop common user errors
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Gli interessi altrui sono sempre più verdi
StandardPassa la direttiva sui brevetti software. Gli europei ringraziano per la difesa di interessi non propri.
Una, cento, mille Ustica
StandardQuando uccisero Ilaria Alpi insieme al suo operatore, Miran Hrovatin, il 20 marzo 1994, nella concitazione del momento e dei giorni successivi non fu subito chiaro quanto fosse successo. Era (e lo è ancora troppo) la Somalia dei signori della guerra, dei Caschi Blu dell’Onu, del mercato nero e dei traffici più neri che si possano immaginare. Tra le cause a lungo si parlò di una rapina ai danni di europei, una vendetta ai danni degli italiani per le sevizie sulla popolazione locale, un mercanteggio tra cosche locali. Solo che gli orologi non erano scomparsi dai polsi delle vittime. A far fuoco non erano stati AK47, almeno non addosso ai giornalisti occidentali. Colpi ravvicinati, esplosi a bruciapelo, piccolo calibro. A testimoniare lo stile non di un commando che spara a mucchio su un fuoristrada, ma di sicari con obiettivi definiti.
Tanto che il proiettile penetrato nel cranio di Ilaria Alpi non era fuoriuscito (a lungo si disse che il frammento metallico trovato nel suo collo era una scheggia della carrozzeria), tanto che la polvere da sparo attorno al foro di entrata e la tipologia delle bruciature a corollario della ferita permisero di accertare che la canna della pistola non poteva essere a più di una trentina di centimetri. Ci si mettano ancora i block notes scomparsi, l’ultimo viaggio da Mogadiscio a Bosaso sulle tracce di una nave la cui flotta fu donata dal governo italiano all’ex dittatore somalo e requisita da privati successivamente per farla approdare sulle coste di Libia, Paesi Baschi o Irlanda del Nord. Be’, già questi elementi sono più che sufficienti per far capire che la giornalista del TG3 e il suo operatore di ripresa non sono stati assaliti da qualche predone, non sono caduti in un’imboscata di generica matrice criminale. Eppure ci sono ancora così tanti misteri su questa vicenda, mancano ancora tante di quelle risposte chiare, suffragate da fatti e documenti, che ha ragione Italo Moretti, ex direttore della testata giornalistica Rai, quando definì quel duplice delitto «una piccola Ustica».
A pochissima distanza da un evento, il cronista deve informare. Lo fa con ciò che ha: notizie frammentarie, indiscrezioni, testimonianze e fonti interpellate a caldo e dunque parziali e inquinate dall’emotività del momento. Cosa sia veramente accaduto in Iraq appena dopo la liberazione di Giuliana Sgrena, dunque, non è ancora dato saperlo. Almeno non nel dettaglio. Certo è che le dichiarazioni ufficiali e ufficiose si discostano le une dalle altre. Il valzer delle smentite e delle puntualizzazioni è già partito. Il copione del lutto sta andando in scena senza che si possa, come è ovvio che sia, discettare sulla morte di un funzionario nel pieno della sua attività mentre portava in salvo una giornalista, rapita anche lei mentre svolgeva il suo compito. Ma anche stavolta, come undici anni fa, si intuisce che i calcoli non torneranno e che eroismo e senso della patria – vero o presunto che sia quest’ultimo – serviranno da drappo funebre per un uomo e la sua verità. Per una volta, però, che gli affari di stato non abbiano la meglio su una vicenda torbida e che puzza ancora di polvere da sparo. Non un’altra Ustica.
Non si è mai abbastanza preparati
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Gli *altri* anni Ottanta del nostro scontento
StandardDi WuMing 1 da Giap del mese di novembre 2004.
Ma lo volete davvero il revival anni Ottanta? Del mainstream anni Ottanta? Degli anni Ottanta… italiani? Nel nostro paese quel decennio fu “istituzione totale”, campo di prigionia culturale.
Capisco chi all’epoca era bambino e, più che il periodo storico, rimpiange la propria infanzia. Tra chi ha più di trent’anni, tuttavia, non può esserci “memoria condivisa”. O stai da una parte o stai dall’altra. Se sei nostalgico, vuol dire che stavi con Cecchetto, coi paninari, con l’oppressore.
Oppure sei un “compagno che sbaglia”, come Boosta dei Subsonica. Il suo album solista con le cover di disco dance anni Ottanta ha un intento scherzoso ma evoca cose brutte.
Gli Eighties li ricordo bene. L’italo-disco per me non è nulla di esotico, di ironico, stra-cult o che altro. è la colonna sonora della dittatura.
Epoca anti-estetica, decennio dimenticato dallo Stile. Scomparse le basette. Giacche a due bottoni, spalle iper-imbottite, maniche rimboccate sopra il gomito. Capelli corti davanti e lunghi sulla nuca, libbre di gel.
Primo pomeriggio: “Saranno famosi” e Gerry Scotti più magro. Domenica sera: “Drive in”. Comici insipidi, “il diciotto lo rifiuto”, “ho cuccato una sfitinzia”. Adolescenti in Italia negli anni Ottanta. “Costretti a sanguinare” sì, ma per via dei maroni sbregati.
No, se proprio vi interessa il periodo, non è così che si fa. Ci ripropinate la cultura del potere e del conformismo. E le culture della resistenza?
Negli Eighties la resistenza ci fu eccome. Combattemmo la guerriglia culturale con quel che c’era, vecchi archibugi concettuali, chitarre da due lire, rozze fanzines spedite per posta. Usammo passato, futuro e apocalisse contro un presente che ci schiacciava.
Se davvero volete gli Eighties italiani, sforzatevi di capirli nella loro complessità, non riduceteli a monotona orgia di spaghetti dance, tappezzeria acustica per yuppies.
C’era l’hardcore punk: Negazione, Raw Power, Impact, CCM, Peggio Punx, Indigesti, Wretched, Contropotere.
C’erano il garage rock e il revival psichedelico: Sick Rose, Pikes in Panic, Monks, Steeplejack, Primeteens, Ugly Things, Peter Sellers & the Hollywood Party.
Sale-prove schermate coi portauova. Fanze e riviste autoprodotte: Punkaminazione, Decoder, Idola Tribus. La mail art, grande corrente sotterranea. I cofanetti di artistamps e pinzillacchere che mi spedivano Bruno Capatti o Franco Piri Focardi. C’erano persino emittenti pirata, come Radio detersivo a Ferrara. Trasmetteva da un appartamento di studenti greci. Costas e Phillis, chissà dove siete adesso?
La meglio gioventù degli Eighties si muoveva nelle nicchie, ma le nicchie erano tante, adiacenti, e le pareti porose.
Al recupero del peggiore sterco commerciale, contrappongo la riscoperta delle “opposizioni 80”. Soltanto grazie ad esse tenemmo duro nel campo di prigionia, per infine uscirne vivi, e a testa alta.
Questo lavoro fa schifo
StandardTra le mail, ce n’è una che contiene la seguente affermazione: «Hai presente Gasparri, quello che ha il nome come una legge di merda?». Non so perché ma mi viene da ridere al nome «Gasparri» e comunque ringrazio il fedele vassallo di Sua Emittenza per la fugace digressione e per il battesimo del venerdì sera. Eh sì, perché il venerdì sera è la sera migliore della settimana. Ma proprio la migliore. I giorni lavorativi ufficiali sono finiti e da domani iniziano quelli ufficiosi, la stanchezza ha un legittimo perché tutto suo e ci stanno frasi del tipo «No, guarda, stasera proprio… Sai, tutto quel daffare in studio… Meglio che vada a casa e poi non sono neanche dell’umore…». Non lo dico a nessuno, in realtà, ma mi fa fico pensarlo.
Venerdì sera, dicevamo. Già. Anche se stasera non c’è la Grande Storia sui cartoni animati del Terzo Reich. E nemmeno si parla di rigorose tecniche di reclutamento degli ariani per elevarli al rango di eletti delle SS. Argomenti che riscuotono sempre successo in me, probabilmente alimento di un morboso interesse spacciato per strascichi di passate velleità storiche. Stavolta, invece, l’antenna tivvù capta uno sconsolante poliziesco con Eddie Murphy nella parte dello sbirro buono con blandissimo accenno di rasta sulla testa e frasi come «questo lavoro fa schifo» quando se ne esce per andare a sterminare un commando di sequestratori. ‘nammerda, poveraccio.
Ok, don’t panic, la serata va riempita. E così ecco serviti un paio di reportage dai Miserabili sulla presentazione di Costantino e l’impero in un centro commerciale a me ben noto, sorgendo esso stesso in terra natia (il centro commerciale, non Costantino né l’impero). Un po’ me la prendo, in omaggio alle mie origini provinciali, perché che ne sanno quei fighetti milanesi sul conto della gente delle parti mie? Ci hanno mai vissuto senza interruzioni per ventitré anni? È vero che quella testa di intellettuale di Arbasino ha marchiato di piattume celebrale soprattutto le casalinghe di lì, ma voi, insomma, un po’ di apertura mentale. Alla fine, però, chissene di quello di pensano Arbasino, Genna o Monina. C’avranno i loro buoni motivi che poi, detto a denti stretti, mica sono poi tanto campati in aria.
E mentre il piccolo schermo declina uno spot sullo Speciale Quark della premiata ditta Angela, si scorrono le mailing list, si scuote la testa e si intona il motivetto del era meglio morire da piccolo strozzati da un cavaturaccioli. Il tutto aspettando che arrivi un’ora decorosa per passare alle lenzuola con lettura embedded. Non si può ritirarsi alle dieci di sera alla tua età(TM di qualcuno, sicuro), mi dice la parte di me che ancora rifiuta (ma con energia sempre più risicata) la letargia sociale che si diffonde a una velocità da lasciare sbigottito il più fetente sceneggiatore di film catastrofici americani da Anni Ottanta. Ma che t’importa? risponde l’altra parte, quella letargica. Vince sempre lei, è troppo forte.
Così, tirata l’ora, shutdown. Eh sì, il venerdì sera è il migliore.
PS: grandioso Danilo Arona con le cronache di Bassavilla.
Hello dog, my only friend
StandardLascia in eredità la casa al cane
L’anziana è morta lasciando tutto all’affettuoso compagno
(ANSA) – TRENTO, 10 FEB – Un’anziana ha nominato suo erede l’affezionato Koki, un cocker di 12 anni che per lei, vedova e senza figli, rappresentava tutto. Agnese è morta a 88 anni, lasciando al suo cane una villetta a Trento di almeno 500 mila euro, più 25 mila euro per il mantenimento dell’animale. In Italia non è possibile intestare beni a un animale, ma la donna aveva pensato a tutto: la casa sarà goduta, finché il cane vivrà, da amici. Alla morte di Koki la casa passerà ai figli di un parente.