Sembra un periodo intenso, quello che ci si appresta a vivere a ridosso del quarantesimo anniversario di Piazza Fontana. Mentre la procura di Milano potrebbe aprire un nuovo fascicolo contro ignoti per i fatti del 12 dicembre 1969 grazie al ritrovamento di un’agenda di Giovanni Ventura, il neofascista trevisano che negli anni di piombo fu l’utile spalla (e forse qualcosa di più) dell’avvocato ordinovista Franco Freda, altre vicende legate ai misteri italiani si affacciano.
È infatti notizia di questi giorni una prossima scarcerazione eccellente. Quella di Mehmet Ali Ağca che – si apprende da fonti d’agenzia – tornerà (o dovrebbe tornare) libero il prossimo 18 gennaio. Probabilmente risulta superfluo ricordare che l’uomo, di origine turca, sparò il 13 maggio 1981 a Giovanni Paolo II e che per questo ha scontato un lungo periodo di detenzione prima di ottenere la grazia nel 2000 dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Ma il tempo passa e il terrorista, che oggi è alla soglia dei 52 anni, ha la possibilità di rifarsi una vita. Occorre pensare al futuro, deve aver pensato quando, dal carcere di Ankara, ha chiesto 2 milioni di euro per concedere l’esclusiva della prima intervista da uomo libero. E per tornare a vivere in Italia, dove forse avrà modo (sempre «per mercede?») di aggiungere fumo alle parole – raramente riscontrate da fatti – pronunciate in quasi tre decenni.
Vediamo dunque chi è e cosa ha detto Ağca in tutto questo arco di tempo per capire chi nei prossimi mesi camminerà forse in mezzo a noi. Condannato all’ergastolo (ma poi la pena verrà via via decurtata fino all’estinzione e all’estradizione in Turchia) per il tentato omicidio del pontefice dopo aver già ucciso in patria, il «lupo grigio» (soprannome derivato dall’organizzazione terroristica a cui apparteneva) si pone velocemente al centro di un complotto internazionale. Di certo il panorama che descrive è suggestivo: difeso d’ufficio dall’avvocato Marina Magistrelli, due volte senatrice per il centro-sinistra nel 2001 e nel 2006, secondo il racconto che il turco fa dei fatti, di mezzo ci sarebbero i servizi segreti bulgari (snocciola il nome del committente dell’omicidio, il militare Zilo Vassilev, di stanza nella capitale italiana) e complici mai confermati che avrebbero dovuti attivarsi nel caso di fallimento di Ağca. Fino ad addentrarsi in alcune delle vicende più impenetrabili della storia recente.
Si veda il caso di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno 1983 all’età di quindici anni senza che nessuno abbia mai più saputo nulla di preciso su di lei. Oggi, a questo proposito, si indaga sulle dichiarazioni di Sabrina Minardi, l’ex amante di Enrico “Renatino” De Pedis, il boss della banda della Magliana sepolto tra salme illustri nella basilica di Sant’Apollinare dopo essere stato ammazzato all’inizio del 1990. Se c’è qualcosa di vero in quello che dice la donna lo si saprà in futuro e rimane il fatto che, monsignor Marcinkus o meno, l’ipotesi più credibile rimane quella formulata dal giornalista Pino Nicotri, quando parla di un’arancia meccanica porporata che non c’entra con storiacce sovranazionali, ma che al più sarebbe stata usata dal blocco sovietico in termini ricattatori. Scopo? Danneggiare l’opera del Vaticano nel sostegno alla Solidarnosc polacca in funzione anti-comunista.
Però, in relazione a questa vicenda e ad Ağca, si disse un po’ di tutto. Compreso un eventuale ruolo della Stasi, i servizi segreti della Repubblica democratica tedesca. Che, dopo aver ricevuto il nulla osta dai colleghi sovietici del Kgb, vollero usare la ragazzina – o dissero di volerlo fare – come merce di scambio per liberare il terrorista fingendosi ultranazionalisti turchi. Ovviamente a questo si collega l’altra scomparsa insoluta di quello stesso anno: la sparizione, una quarantina di giorni prima della Orlandi, di Mirella Gregori. Da mettere in relazione – sempre secondo il turco – a quella del giornalista sovietico Oleg G. Bitov, di cui non si ebbero più notizie dal 9 settembre 1983, quando si trovava in Italia per il festival del cinema di Venezia.
Certo che questo Ağca li deve valere davvero i due milioni di euro che chiede. Come se non bastassero le vicende già raccontate, di lui si torna a parlare quando salta fuori il dossier Mitrokhin: la presenza dell’attentatore venuto dal sud-est sarebbe stata una conferma del ruolo dell’intelligence di Mosca nei presunti finanziamenti a comunisti italiani, tra cui Armando Cossutta. Per quale ragione? Allo stato attuale delle conoscenze, nessuna evidenza ci aiuta a fornire una risposta.
Ecco dunque uno dei peggiori protagonisti della nostra storia. L’impressione, a quasi trent’anni di distanza dal suo ingresso sulla scena italiana, è che abbia giocato con la guerra fredda, con la sorte di due ragazzine dissolte nel nulla e con le loro famiglie, con ricatti internazionali su uno scacchiere che, dal punto di vista degli scontri asimmetrici delle spie, è molto più complesso di quanto non raccontino le cronache e i libri di storia. Il tutto per cosa? La risposta più ovvia è la salvaguardia personale (obiettivo peraltro ottenuto) senza però che sia mai stato aggiunto uno straccio di prova, un solo riscontro, a tanti racconti così arzigogolati. Oggi due milioni di euro potrebbero fare la differenza tra sei lustri di menzogne e un briciolo di verità?
(Questo articolo è stato pubblicato sul Domani di Maurizio Chierici nella rubrica I peggiori protagonisti della nostra storia.)