Questo testo è l’introduzione al libro Depistaggi – Da piazza Fontana alla stazione di Bologna di Luna Beggi, Paolo Cianci, Maria Giovanna Drudi, Luca Palestini, Flavio Romani e Amalia Vergari, Castelvecchi Editore, Roma, 2018
A dicembre 2017, alla fine di un anno di lavoro, dissi loro: «Avete ormai quasi scritto un libro, perché non pensare di ultimarlo e pubblicarlo?». Tutto era nato dodici mesi prima, con la fine delle selezioni per accedere ai corsi dell’area non fiction della Bottega Finzioni, la scuola che forma autori per il cinema, la televisione e la radio fondata a Bologna da Carlo Lucarelli. Chi firma oggi il testo del volume faceva parte dei venti allievi che avevano superato le prove di accesso e il successivo gennaio erano iniziate le lezioni.
Per un anno ci siamo frequentati praticamente tutte le settimane, il venerdì e nei fine settimana intensivi. In aula li ho visti lavorare, affiancando i docenti in qualità di responsabile dell’area insieme al regista Francesco Merini, osservandoli mentre si cimentavano in vari aspetti del lavoro autoriale: la ristrutturazione di format tv sull’arte e sulla cultura, la stesura di sceneggiature per trasmissioni di approfondimento oppure l’individuazione di rubriche per l’intrattenimento sul piccolo schermo.
Poi c’era il corso che seguivo da insegnante. Molte delle trasmissioni televisive ideate e condotte da Carlo Lucarelli – dai tempi di «Mistero in blu» per arrivare a «Profondo nero» passando per la celebre «Blu notte», «Lucarelli racconta» e «La tredicesima ora», solo per citarne alcune – hanno richiesto competenze specifiche di giornalisti e studiosi che producessero inchieste sulla base di documentazione originale, a iniziare dalle fonti giudiziarie, senza le quali certe storie non si possono affrontare. E questo è uno dei miei compiti in aula: spiegare di che materiale si tratta, come si reperisce, come si studia e come lo si trasforma in un testo divulgativo.
Rispetto ad altri corsi, che partivano sulla base di committenze di canali televisivi per produzioni già in onda o che avrebbero potuto essere inserite in un palinsesto, il mio era un puro esercizio didattico. Un esercizio che partiva dalla monumentale documentazione giudiziaria raccolta dalla procura della Repubblica di Brescia che ha indagato, nel filone ter, sulla strage di Piazza della Loggia che il 28 maggio 1974 provocò otto vittime e oltre cento feriti.
Quell’indagine e i processi che ne sono seguiti, proprio mentre stavamo lavorando, hanno portato a giugno 2017 alle condanne definitive di due neofascisti, il medico mestrino di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi e l’ex informatore dei servizi segreti Maurizio Tramonte. Ma le carte raccolte dagli inquirenti sono andate ben al di là dei fatti bresciani calandoli in un contesto più ampio che ricostruisce tutto il periodo del terrorismo stragista, iniziato ben prima della bomba esplosa a Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, e che va oltre il fenomeno del terrorismo politico.
In quelle carte si rintracciano addentellati con la criminalità organizzata, con organizzazioni massoniche che compenetrano la parabola della Loggia P2 di Licio Gelli o con flussi di armi e di denaro che, dall’Italia, escono verso forzieri off shore per rientrare dando sostegno a crimini i cui effetti sono ancora visibili e i cui contorni non sono ancora stati sondati in pieno, almeno nel dettaglio. In questo mare magnum di materiale, gli allievi della Bottega Finzioni dovevano mettere ordine costruendo un format televisivo di approfondimento che raccontasse un pezzo di storia italiana che partiva dal 1969 e arrivava al 1984.
Ne è uscita la struttura di una trasmissione che, iniziando dal 1974, anno chiave in quel capitolo del recente passato, tracciava un affresco di uno dei periodi più violenti di una Repubblica a sovranità limitata da accordi – espliciti e segreti – internazionali stipulati nel contesto atlantico. E una puntata della trasmissione era dedicata proprio ai depistaggi che, puntualmente, hanno caratterizzato le indagini giudiziarie in quegli anni.
Luna Beggi, Paolo Cianci, Giovanna Drudi, Luca Palestini, Flavio Romani e Amalia Vergari, in aula, hanno dato vita al gruppo che ha lavorato su questi aspetti. Ognuno, dopo aver fatto ordine nei documenti a disposizione, ha “adottato” una storia esemplificativa, l’ha approfondita, ha chiesto o trovato materiale ulteriore e ha raggiunto un risultato che è andato ben oltre lo scopo dell’esercitazione didattica: attraverso fatti concreti, vite vissute, testimonianze dell’epoca e pratiche investigative sono arrivati a tracciare un lungo racconto che fa capire bene come determinati eventi siano stati manipolati. O si sia tentato di farlo.
Non si pensi, tuttavia, che le pagine che seguono siano un mosaico di storie decontestualizzate una dall’altra. Questa non è un’antologia, ma un’organica ricostruzione di un periodo e gli autori ben hanno fatto scrivendo un capitolo iniziale in cui, per sommi capi, danno indicazioni sui fatti che, dall’immediato dopoguerra, hanno segnato l’evoluzione del Paese in un percorso democratico che si è tentato di rendere – anche letteralmente – minato.
Di qui il significato della frase pronunciata alla fine del corso. «Avete ormai quasi scritto un libro, perché non pensare di ultimarlo e pubblicarlo?». Nel corso dei mesi successivi alla conclusione della loro esperienza di allievi, gli autori del libro hanno aggiunto molto altro lavoro a quello già svolto. Arrivando così a presentare un viaggio in alcuni degli aspetti spesso evocati ma meno sviscerati del periodo che va sotto l’espressione di strategia della tensione. Un viaggio che, in modo strutturato, mancava e che aggiunge un importante tassello di conoscenza.
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