Cinzia Sciuto avverte via Micromega Online che la legge 194 è (di nuovo) in pericolo. Ecco perché.
Al consiglio regionale della Regione Lazio è in discussione una proposta di legge che, se dovesse passare, costituirebbe il primo mattone per la messa in discussione della legge 194, quella che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza. La 194, tra le altre cose, conferisce un ruolo centrale ai consultori familiari, strutture pubbliche che hanno tra gli altri scopi, come si legge nella legge che li istituisce (29 luglio 1975 n. 405), «la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti».
È molto chiara l’ispirazione della legge: i consultori sono al servizio delle donne e degli uomini che si rivolgono a queste strutture, le quali hanno l’obbligo di assisterli nel pieno rispetto delle loro scelte. Anche la proposta di legge attualmente in discussione in Regione, su iniziativa della consigliera Tarzia, è molto chiara. L’idea è quella di trasformare i consultori, da luoghi di sostegno e rispetto delle donne, in «istituzioni vocate a sostenere e promuovere la famiglia ed i valori etici di cui essa è portatrice» e a tutelare il «figlio concepito, già considerato membro della famiglia». La legge propone di riconoscere, affianco ai consultori pubblici, anche consultori gestiti «dall’associazionismo familiare, da associazioni di volontariato, da fondazioni», insomma dal cosiddetto «privato sociale», ed infine anche consultori privati veri e propri.
Il punto centrale della proposta di legge, però, è all’articolo 13, che introduce un passaggio in più alla donna che intende ricorrere alla 194. Ricordiamo qui che già la 194 impone ai consultori «di esaminare con la donna e con il padre del concepito (…) le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto». Il tutto, però, – e qui sta l’anima della legge – alla sola condizione che «la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito».
L’accento, forte e continuamente ripetuto in tutto il testo, è sull’autonomia della donna, trattata come soggetto pienamente in grado di decidere sulla propria vita e sul proprio corpo. La proposta di legge Tarzia introduce quello che chiama un «primo procedimento» che i consultori devono mettere in atto. Solo se le soluzioni proposte in questo «primo procedimento» non dovessero essere accettate dalla donna (che deve mettere per iscritto il suo rifiuto), allora può accedere al «secondo procedimento», che sarebbe il percorso previsto dalla 194. E cosa prevede questo «primo procedimento»? La proposta di legge recita: «Il consultorio procede all’ascolto della donna e della coppia, ne esamina i problemi e le difficoltà sotto molteplici profili».
Dopo la fase di ascolto «il consultorio propone alla donna e alla coppia il riconoscimento del valore primario della vita, della maternità e della tutela del figlio concepito» e suggerisce tutte le vie alternative all’aborto, fornendo informazioni sui sostegni economici alla maternità, sui servizi sociali e sulle adozioni. Il tutto senza fare il minimo accenno all’autonomia della donna: in nessun luogo della legge si indica una modalità per sottrarsi a questo iter. E chi sono i soggetti preposti a condurre questo «primo procedimento»? Ovviamente quella galassia del «privato sociale» in cui agguerritissime sono le associazioni antiabortiste.
Insomma, questa proposta di legge, oltre che allungare i tempi in maniera inaccettabile in un momento in cui il tempo che scorre non è affatto una variabile secondaria, ha l’intento – neanche troppo nascosto – di creare attorno alla donna che intende abortire una tale pressione psicologica da indurla a cambiare idea o, nel peggiore dei casi, a rivolgersi altrove. Lo spettro degli aborti clandestini, drasticamente ridotti dopo l’approvazione della 194, si fa sempre più imponente.
Contro questa proposta di legge è iniziata una grande mobilitazione nel Lazio, che meriterebbe però di essere estesa a tutto il paese. Alla Conferenza nazionale sulla famiglia, che si è svolta a Roma lo scorso novembre, la stessa consigliera Tarzia ha dichiarato che la sua proposta di riforma della legge regionale del Lazio sui consultori «sarà utilizzata come traccia per la riforma dei consultori in tutte le regioni». Il pericolo è, dunque, concretissimo. La mobilitazione necessaria.
nella proposta di legge esaminata non vedo nessun pericolo per la donna e nemmeno per il nascituro