Le stragi del ’92 e del ’93: quando la letteratura arriva prima del giornalismo

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È già sera, tutto è finitoAncora una volta un’opera narrativa sa leggere tra le righe dei fatti e decifrare in anticipo rispetto a indagini giudiziarie e giornalistiche l’essenza degli eventi. È il caso del romanzo È già sera, tutto è finito, di Tersite Rossi, nom de plume di due giovani scrittori trentini (Mattia Maistri e Marco Niro), uscito a metà 2010 per i tipi di Pendragon. Il nodo attorno a cui ruota la vicenda comprende le bombe del 1992 e del 1993, quelle che prima uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e poi si spostarono fuori dalla Sicilia, a Firenze, Milano e Roma. Quelle che si accanirono contro le opere d’arte e che falciarono persone innocenti che si trovavano nei pressi. Un immigrato, una bambina, una coppia di fidanzati, un passante. Queste solo alcune delle vittime che quegli ordigni fecero. Gente qualunque la si potrebbe chiamare perché il messaggio stragista è proprio questo: non importa quanto innocente sei, l’importante è che sei e che, dopo esserti trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, non sarai più.

Domani di Maurizio ChiericiSi verrà a sapere nel 2009 che questo messaggio faceva parte di una cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Era il periodo in cui venivano giù i calcinacci della Prima Repubblica e con lei crollavano i vecchi partiti, sostituiti dal “nuovo che avanza”, ha detto qualcuno. Era anche il periodo in cui occorreva trovare nuovi referenti politici, costringere la cosa pubblica a scendere a patti perché altrimenti sarebbe stata secessione (sull’inquietante input che già la P2 aveva suggerito con il piano di rinascita democratica) oppure sangue ovunque, continente compreso.

È già sera, tutto è finito, però, arriva con un anno di anticipo rispetto alle rivelazioni a mezzo stampa perché gli autori lo hanno finito di scrivere nel 2008. Nelle loro pagine ci arriva un giornalista con un disilluso passato nella contestazione sessantottina. Ci si cimenta un oscuro personaggio che fa da anello di congiunzione tra Stato e deviazioni di varia estrazione. E ci inciampa un gruppo di ragazzi trentini, convinti – e poi sconfitti – che la vita politica vada riformata a iniziare da un piccolo comune ai piedi delle Alpi. Vite che, per ragioni differenti, si arrotolano su se stesse e che usciranno fiaccate dalla voglia di rinnovamento e di verità, mai abbastanza forte rispetto agli interessi di poteri più incalzanti. Del resto, come si legge a metà della narrazione:

L’ospite non l’aveva deluso, si disse riflettendo a bordo della piscina con Igor al fianco, nel silenzio di quella notte stellata e piuttosto calda per la stagione. Adesso toccava a lui. Creare il giusto caos. Gli artificieri non mancavano. La sezione K della VII divisione del Sismi, meglio nota come “Falange Armata”, non aspettava altro che un suo cenno, per entrare in azione. E poi c’era la famiglia e il suo tritolo. Bastava far arrivare le istruzioni alle orecchie giuste e cosa nostra si sarebbe attivata. Ma stavolta l’obiettivo sarebbe stato diverso. Niente più uomini dello Stato. Niente più martiri. Stavolta il piano sarebbe stato un altro. Molto migliore. Molto più efficace. Molto più devastante.

(Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Domani diretta da Maurizio Chierici)