Dalla rete: dibattiti tra informazione italiana e statunitense

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  • Frederika Randall, Un dibattito poco utile:

    Non sono molti i programmi della Rai che si occupano di attualità in modo critico e interessante. Tra i pochi che lo fanno c’è spesso Anno zero. Poco tempo fa ho visto la puntata che si occupava della libertà di stampa. Gli invitati discutevano dei tre referendum lanciati da Beppe Grillo per farla finita con i giornali sovvenzionati dallo stato, abolire l’ordine dei giornalisti e revocare la legge Gasparri.

    La discussione suonava strana. In una trasmissione della tv pubblica italiana nessuno parlava della legge Gasparri e del colossale convitato di pietra presente in studio, cioè Berlusconi, il proprietario di Mediaset, che controlla praticamente tutta l’emittenza italiana. D’accordo, il problema non è nuovo: ma si tratta pur sempre di una minaccia mortale. E invece si è discusso della necessità di un albo che “certifichi” la professionalità dei giornalisti italiani.
    […]
    I tanto osannati giornalisti americani si sono rivelati una massa di babbei: facendo buona informazione avrebbero forse potuto impedire la guerra. I giornali che vivono di inserzioni pubblicitarie possono anche essere dei mattoni come il New York Times della domenica, ma le notizie che contengono sono per lo più “leggere”: cronaca nera, gossip, stili di vita. Pochi inserzionisti comprano gli spazi pubblicitari che i giornali mettono accanto ai commenti, alle analisi politiche o all’attualità internazionale. L’informazione seria costa, e gli inserzionisti preferiscono la fuffa.