L’articolo che riporto di seguito è stato pubblicato oggi sulle pagine bolognesi di Repubblica. L’ha scritto Simona Mammano e recensisce un autore che personalmente apprezzo molto (Maurizio Matrone) e un libro che ho letto quando era ancora un manoscritto e che già da allora avevo trovato splendido (Il commissario incantato).
Per scrivere dell’ultimo libro di Maurizio Matrone, Il commissario incantato (Marcos Y Marcos, 2008), devo necessariamente abbandonare la terza persona, che correttamente si usa, ed entrare nel privato dell’autore. Lo conosco da quando siamo entrati in polizia, lavorando per tanti anni in questa stessa città, condividendo esperienze sindacali, ma anche letterarie. Il libro che Matrone ha scritto, pur con le necessarie storie frutto della sua fantasia, contiene tutto il carattere, l’emotività e la genialità di questo artista, che ha avuto il coraggio di fare un mestiere che si pensa non abbia molto a che fare con la fantasia, ma che Matrone ha dimostrato invece essere un luogo comune.
Infatti, nella prima parte, l’autore racconta la sua vita prima di entrare in polizia, con qualcosa di ovviamente romanzato, ma che mantiene intatto l’aspetto bohémienne del nostro futuro poliziotto. Nelle storie raccontate nel libro, il cui sottotitolo è Romanzo d’avventure, l’autore si rivolge a un’amica, Wilma Lanzarini, promotrice del poliziesco a Bologna, piena di idee e con la necessità di fare incontrare ai lettori i loro autori preferiti. È quindi la rossa Wilma, prematuramente scomparsa a cui è titolata un’associazione culturale, la coprotagonista di questo romanzo. E’ a lei che Matrone racconta storie vere e altre inventate, che hanno per protagonista un poliziotto, un commissario sicuramente atipico, come l’autore ha definito nel titolo, passato al ruolo di funzionario per meriti letterari.
Non dirige però la Squadra mobile o la Digos della questura di Bologna, ma un ufficio approntato per lui dal Ministero dell’Interno, che riconosce in Bologna una città all’avanguardia nel settore culturale. Quindi per la città è stata creata la DISPO (Divisione scrittori penne d’oro) e il commissario è risultato idoneo per averne la dirigenza. Tutti gli episodi del romanzo si svolgono a Bologna, la piccola Parigi, come sottolinea con costanza e con affetto l’autore, e l’ingrediente principale è l’ironia, che può risultare anche molto noir, sorprendere e lasciare interdetti per il finale mai scontato.
Non a caso, Matrone ci consiglia la lettura di La vita intensa di Massimo Bontempelli, autore dell’inizio del XX secolo, che sosteneva l’importanza dell’immaginazione come strumento di lavoro dello scrittore, denominando la sua poetica Realismo magico. E’ quindi una maniera per avvertirci di una volontà di sperimentazione, senza prescindere dalla sua anima nera. Un cambiamento di cui molti lettori avvertono la necessità.