Uno bianca: tra indulto, permessi e sconti di pena

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L’articolo (non online) che segue, firmato da Alessandro Mantovani, è stato pubblicato oggi a pagina 5 del Corriere di Bologna e si intitola “Indulto a Roberto Savi, si apre la partita”. La storia carceraria a cui ci si riferisce è quella che segue la carriera criminale della banda della Uno bianca (24 morti e 102 feriti tra il 1987 e il 1994 per arraffare poco più di due miliardi di lire) e il capitolo “permessi premio e sconti di pena” – che finora si è tentato di aprire ma con scarso successo – è comunque uno di quelli che in futuro tornerà inevitabilmente. Certo è che se davvero l’indulto del 2006 – contestato e contestabile per molteplici motivi – dovesse avere effetto anche su persone condannate all’ergastolo per essere gli autori di una storia lunga e sanguinosa come quella della Uno bianca, allora il provvedimento non solo avrà fallito del tutto, come già si sapeva, ma avrà conseguenze ben più serie e preoccupanti di quanto previsto. Ecco di seguito l’articolo di Mantovani:

Il tono è sempre quello, deciso e un po’ sprezzante. Dal carcere di Opera, dov’è rinchiuso, Roberto Savi ha scritto alla Corte di cassazione per ricordare «di non aver mai chiesto applicazione di indulto» e di conseguenza di «rinunciare», senza alcuna specifica motivazione, al procedimento per lo sconto di tre anni previsto dalla legge 241 del 2006. L’ex poliziotto che guidò la banda della Uno bianca, condannato a tre ergastoli, vorrebbe solo il permesso premio per lasciare il carcere per qualche giorno o anche per qualche ora, un beneficio già negato dalla magistratura di sorveglianza e per il quale pende ricorso alla Suprema corte. «Non sono un alcolista, non ho mai fumato droghe – scrive l’ex agente delle Volanti della Questura di Bologna – Compimmo rapine per soldi, necessitati a causa di attività di mio fratello prossime al fallimento. Collaborai fin dai primi giorni del mio arresto, ammettendo ogni addebito». Finora non è bastato per il permesso, nemmeno per un’ora.

Intanto però la Cassazione ha deciso che il procedimento per la concessione dell’indulto a Roberto Savi, il maggiore dei tre fratelli killer, deve proseguire davanti alla Corte d’assise di Bologna, che già una volta aveva detto «no» nel 2007. A chiedere l’indulto non era stato l’interessato, che tempo fa ha ritirato anche la domanda di grazia presentata in precedenza, ma la Procura della Repubblica di Bologna. La corte d’assise presiedura dal giudice Sergio Cornia ha però respinto la richiesta perché ritiene «la natura senza fine della pena dell’ergastolo incompatibile con il provvedimento di indulto che attiene a pene temporanee» e comunque «per l’eventuale applicazione dell’indulto a norma prevede la richiesta dell’interessato».

È una giurisprudenza che sembra ormai prevalere sull’altra, opposta, secondo la quale anche gli ergastolani hanno diritto all’indulto e, a questo scopo, il «fine pena mai» si converte in trent’anni di reclusione. Ma la Procura ha fatto ricorso alla Cassazione che il 1° aprile ha disposto che il procedimento prosegua davanti alla stessa Corte d’assise di Bologna, il giudice competente per l’esecuzione della pena, qualificando il ricorso come semplice «opposizione».

Il medesimo collegio ha del resto già concesso l’indulto a uno dei due fratelli Savi, Fabio, altro componente della banda che, al pari di Roberto, partecipò a tutte le imprese della Uno bianca. Anche lui sconta l’ergastolo. A differenza di Roberto e Alberto, Fabio non era mai riuscito a entrare in polizia per un difetto di vista. Nel ’94 faceva il camionista e fu arrestato per ultimo, quasi al confine con l’Austria, insieme alla sua compagna di allora, l’ungherese Eva Mikula. Mentre Roberto, il più freddo, vive la carcerazione nel più completo isolamento, Fabio è sempre stato molto esuberante e qualche anno fa si è sposato dietro le sbarre con una colombiana. Ha trascorso quattordici anni in galera: considerata la liberazione anticipata per buona condotta, potrebbe uscire prima che ne passino altri dieci. E molto presto ottenere i permessi temporanei negati al fratello Roberto e, di recente, a Pietro Gugliotta, l’unico componente della banda al quale non è stato inflitto l’ergastolo perché non partecipò direttamente agli omicidi.

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Altri due articoli che parlano della vicenda:

Fratelli Savi, l’indulto premia Fabio. Negato invece a Roberto
Uno bianca, indulto fratelli Savi: Cassazione rimette atti a Corte Assise Bologna

2 thoughts on “Uno bianca: tra indulto, permessi e sconti di pena

  1. matteo

    Viene da dire: “Dura lex sed lex”, l’ergastolo è una pena incostituzionale e probabilmente contraria al senso d’umanità cui fa riferimento la Costituzione italiana proclamando la funzione rieducativa della pena.
    Purtroppo questa vicenda è il calice amaro da cui bisogna bere se si è contrari alla pena a vita: se è una pena da bandire dal nostro ordinamento non possono farsi eccezioni, fratelli Savi inclusi.

  2. Matteo: il tuo ragionamento è corretto, ma si scontra con una realtà che presenta disparità nel trattamento dei detenuti e nella concessione dei benefici di legge (vedi a titolo di esempio il caso Vallanvasca non solamente in riferimento alla richiesta di grazia respinta, ma anche al pregresso). Dunque il calice amaro si potrà pure berlo, ma nel momento in cui le regole saranno chiare (nella loro applicazione non lo sono) e valide per tutti.

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