John Perkins: un bilancio dello strapotere statunitense

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La storia segreta dell’impero americano di John PerkinsLa storia segreta dell’impero americano di John Perkins torna su alcuni temi già affrontati nel precedente libro, Confessioni di un sicario dell’economia, e li approfondisce – o raduna – suddividendolo per aree geografiche. E dimostrando per ognuna quali siano stati, almeno negli ultimi quarant’anni, i sistemi di ingresso e condizionamento di politica ed economia singole nazioni. Nell’ultima parte, Perkins stende una serie di punti che legano trasversalmente le diverse vicende che tratta e li elenca per fare un punto della situazione attuale:

  • Il tasso di fallimento dei progetti sponsorizzati dalla Banca Mondiale è del 55-60% (secondo uno studio del Joint Economic Committee del congresso statunitense).
  • Il terzo mondo spende per ripagare il proprio debito più di quanto spende in totale per la sanità o l’istruzione, e quasi il doppio di quanto riceve annualmente in aiuti esteri. Nonostante si parli tanto di cancellarlo, il debito del terzo mondo cresce di anno in anno e attualmente è vicino ai tremila miliardi di dollari. Non è un dato incoraggiante. Nel 1996, durante una serie di colloqui in merito, i paesi del G7 e la Banca Mondiale annunciarono la cancellazione dell’80% del debito dei paesi poveri pesantemente indebitati (HIPC), ma tra il 1996 e il 1999 il totale dei pagamenti per il servizio del debito di questi paesi è in realtà aumentato del 25%, da 88.600 a 114.400 miliardi di dollari.
  • L’avanzo commerciale di un miliardo di dollari che i paesi in via di sviluppo vantavano negli anni settanta si è trasformato in un deficit che ammontaba a undici miliardi di dollari all’inizio del nuovo millennio e continua a crescere.

  • La ricchezza nel terzo mondo è più concentrata di quanto non fosse prima del massiccio sviluppo infrstrutturale degli anni settanta e dell’ondata di privatizzazioni degli anni novanta. In molti paesi, l’1% delle famiglie possiede più del 90% della ricchezza.
  • Le multinazionali hanno assunto il controllo di gran parte della produzione e del commercio nei paesi in via di sviluppo. Per esempio, il 40% del caffè di tutto il mondo è commercializzato da appena quattro società mentre trenta catene di supermercati controllano quasi un terzo della vendita mondiale di generi alimentari. Un manipolo di compagnie petrolifere e minerarie domina non soltanto i mercati, ma i governi di paesi che possiedono le risorse.
  • […]

  • La quota totale di tasse federali pagate dalle corporation statunitensi è ora inferiore al 10% contro il 23% del 2001 e l’oltre 50% durante la seconda guerra mondiale. Un terzo delle corporation più grandi e redditizie d’America non ha pagato tasse in almeno uno dei primi tre anni del nuovo millennio. Nel 2002 le corporation statunitensi hanno trasferito 149 miliardi di dollari in paradisi fiscali come l’Irlanda, le Bermuda, il Lussemburgo e Singapore.
  • Dei cento maggiori soggetti economici del mondo, cinquantuno sono corporation e non nazioni. Quarantasette di queste corporation hanno sede negli Stati Uniti.
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  • Gli Stati Uniti e molti dei paesi che Washington vuole far passare per democratici presentano le seguenti caratteristiche non democratiche; i media sono manipolati da grandi gruppi economici e dal governo; i politici sono in obbligo con donatori ricchi che finanziano le loro campagne elettorali; decisioni politiche prese “a porte chiuse” assicurano che gli elettori non siano informati di questioni fondamentali.
  • Quando il trattato internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo fu approvato dell’ONU nel 1997 per 142 voti a zero, gli Stati Uniti si astennero mentre si sono rifiutati di ratificare la Convenzione sui Diritti dei Bambini del 1989, la Convensione Internazionale sulle Armi Biologiche, il Protocollo di Kyoto e il Tribunale Penale Internazionale.
  • La spesa militare globale ha raggiunto il nuovo record di 1100 miliardi di dollari nel 2006 con gli Stati Uniti che incidono per quasi la metà (una media di 1.600 dollari per ogni uomo, donna e bambino americano).
  • Nel 2006 gli Stati Uniti occupavano il cinquantatreesimo posto nella graduatoria della libertà di stampa (nel 2002 erano al diciassettesimo) e sono stati aspramente criticati da Reporter Senza Frontiere e da altre ONG per aver imprigionato e intimidito giornalisti.
  • Il debito pubblico degli Stati Uniti (la quantità di denaro che il governo federale deve a creditori che possiedono titolo di credito statunitensi), il più elevato del mondo, ha raggiunto gli 8.500 miliardi di dollari nell’agosto 2006, pari a 28.500 dollari per ogni cittadino degli Stati Uniti, e cresce di un miliardo e 700 milioni al giorno. Una grossa parte di questo debito l’abbiamo contratto con banche centrali di Giappone e Cina e con alcuni membri dell’Unione Europea, il che ci rende estremamente vulnerabili nei loro confronti.
  • Il debito estero statunitense (il debito pubblico e privato totale dovuto a non residenti, rimborsabile in valuta straniera, beni o servizi) è anch’esso il più grande del mondo ed era stimato intorno ai 9.000 miliardi di dollari nel 2005 (è degno di nota il fatto che Washington usi l’indebitamento nazionale ed estero di altri paesi come arma per costringere i loro governi a cedere alle richieste della corporatocrazia, pena la bancarotta, sanzioni economiche o severe “condizionalità” imposte dall’FMI; eppure gli Stati Uniti sono la più grande nazione debitrice del mondo).