Vari gradi di conoscenza

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Le tre streghe di Johann Heinrich FüssliDa FdC. Sulla vicenda di Rignano Flaminio, di cui molto si è parlato sui giornali in questi giorni, già il primo elemento che si rileva è che c’è gran confusione. Se il gioco degli attacchi incrociati tra accusa, difesa e parti lese è normale in qualunque indagine – soprattutto in quelle così delicate e al pari così eclatanti -, i dubbi che si adombrano su perizie, ambienti adatti ad influenzare ricordi e genuinità delle testimonianze qualche interrogativo lo instillano. E ancora una volta sembra di leggere un copione già consumato: il mito del abuso rituale satanico, di cui si parla diffusamente su Carmilla riprendendo un passaggio del libro Lasciate che i bimbi di Luther Blissett; la somiglianza con fatti analoghi – poi dimostratisi inesistenti – verificatosi una decina d’anni fa nel modenese; una campagna stampa tendenzialmente colpevolista, come per la vicenda che travolse loro malgrado i bolognesi Bambini di Satana tra il 1996 e il 1997.

Lunedì scorso, in apertura del suo rotocalco televisivo, è stato sorprendente sentire un professionista come Enzo Biagi, neo sdoganato dopo l’editto bulgaro di berlusconiana matrice, condannare senza appello le presunte malefatte dei maestri laziali sui piccolissimi allievi non lasciando adito ad alcuna domanda, come invece vorrebbe uno spirito garantista, ma ancora prima quel diritto che si chiama presunzione di innocenza. Non meglio ha fatto Bianca Berlinguer, seppur in vesti non di editorialista ma di cronista, durante una puntata della settimana scorsa di Primo Piano, l’approfondimento del Tg3, in cui mai ha parlato in termini di possibilità di reato, ma sempre di certezza.

Del resto, la stampa non ha saputo rendersi obiettiva neanche nel caso Dimitri. All’inizio di quella storia, infatti:

gli ingredienti per una campagna stampa infamante e terribile ci sono tutti. Nel corso di quell’anno e mezzo scarso, per mesi si scrive a getto continuo senza quasi mai ricorrere all’aggettivo “presunto” e a quei condizionali che – insegnano i decani del giornalismo – vanno sempre utilizzati fino alla prova che inchioda un imputato trasformandolo in colpevole. Sul Resto del Carlino, il quotidiano che, per chiari motivi di “competenza” territoriale, ha dato più spazio dalla vicenda, si legge il 24 gennaio 1996, appena dopo gli arresti dei tre bolognesi, che “il satanista è fondamentalmente un pervertito sessuale, che cerca di sfogare di propri istinti sessuali dietro al manto di raffazzonata ideologia di scarso o nessuno spessore culturale in festini a base di zolfo, parrucche, manette e, forse, violenza”. E via di questo tono: chi entra deve avere “uno stomaco foderato di cuoio e anticorpi a prova di Aids” e “la curiosità per l’eccentricità dei riti e la disperazione nel non sapere più da che parte andare a parare per risolvere i propri problemi” (l’edizione bolognese di Mattina, supplemento dell’Unità, il 24 e il 25 gennaio).

Il senso di questo discorso non è di mettere in discussione un’indagine che ha lo scopo di chiarire se i reati ipotizzati si sono veramente consumati. Né di gettare acqua sul fuoco di chi ha davvero come scopo la tutela dell’infanzia. Tutela che comunque, nei casi già citati (Modena e Bologna, ma anche Brescia), non è stata attuata da chi ha costruito sul nulla. A questo ci deve pensare la magistratura che, nelle vicende di cui sopra, ha assolto chi era stato ingiustamente imputato. Il senso invece è quello, più verosimilmente, di dare maggior fiato a voci come quella contenuta nella lettera al Caro amico Barbaro di Leonardo quando dice:

io e te abbiamo una cosa in comune: non sappiamo niente. Non per maleducazione o negligenza. La nostra è un’ignoranza tecnica: le poche cose che abbiamo imparato, le sappiamo da servizi giornalistici confezionati non troppo professionalmente.

Siccome io non so niente, come te, non ho molto da dire su Rignano. Mi sembra tutto pazzesco. Ma non avendo ancora accennato all’idea di strozzare le maestrine a mani nude, probabilmente passerò come un innocentista. In realtà no: non sono innocentista: sono uno che non sa niente. Ma non ha importanza: per uno come te, che “sa”, quelli che non sanno sono ultra-garantisti, piagnoni intellettuali, checche, e non checche qualsiasi, ma checche passivamente complici di reati di pedofilia, per cui domattina dovrai cambiare bar e spiegare a qualcun altro cosa faresti “se mi avessi tra le mani”.

2 thoughts on “Vari gradi di conoscenza

  1. francesco

    sul tema, DrPsycho raccoglie un po’ di link utili ad inquadrare il clima da caccia alle streghe tragicamente evidente nel caso Rignano: http://drpsycho.livejournal.com/192738.html .
    Tra questi, un dossier [http://www.falsiabusi.it/archivio/notizie/dossier_scuole_materne.html] riassume in maniera estremamente chiara e pacata (vabe’, gli perdono la chiusa) tutti i passi di cui si compongono questo genere di vicende (mediatiche si, ma sulla pelle di innocenti).
    Anche in questo caso, come d’abitudine (sic), consiglio caldamente Capturing the Friedmans: http://en.wikipedia.org/wiki/Capturing_The_Friedmans

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