Paginauno, bimestrale di analisi politica, cultura e letteratura, ha pubblicato un articolo in cui racconta che dopo la Tav, [ci sono] i cantieri della Vav in Mugello. Si parla della variante di valico attraverso il reportage di Simona Baldanzi in cui si dice che lì “si continua a emigrare e morire di lavoro”. Infatti viene ricostruita una realtà che va oltre l’opera pubblica in oggetto:
[Si tratta di] un progetto di ricerca condotto dall’Asl 10 di Firenze sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sui disturbi psicofisici del lavoro a turni, sul mobbing, sull’abuso di sostanze, sui vari disagi dei lavoratori impegnati a realizzare la Variante di valico, il tratto autostradale che fora l’Appennino tosco-emiliano. Ho aiutato i lavoratori a compilare i questionari sui tavoli sghembi di alcune salette a ridosso delle mense, dentro i campi base. Come al solito ci sono da abbattere un po’ di pregiudizi, di diffidenza, di dialetti marcati da decifrare, di timori legati al fatto di esprimere un’opinione anche se anonima. Leggo domande e risposte, spiego seduta fra di loro. «Un questionario a cosa può servire? Conta davvero la mia opinione?» Sono pochi quelli interessati alle conseguenze dei turni, alle sopraffazioni dei capi, ai disagi psico-sociali collegati all’isolamento nei campi lontani da casa, dalle famiglie e dai paesi di origine.
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