“Acido lattico”, noir sullo sport di Saverio Fattori

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Acido Lattico di Saverio FattoriSaverio Fattori è uno di quegli scrittori che l’italiano non lo usano, ma lo piegano e ne fanno uno stile narrativo del tutto personale e originale. Per averne dimostrazione si leggano Alienazioni padane e Chi ha ucciso i Talk Talk? (entrambi, essendo rilasciati riservandosi solo alcuni diritti, sono liberamente disponibili in rete nella biblioteca copyleft de iQuindici). E ora, alla vigilia dei contestati giochi olimpici, sta per uscire il suo nuovo romanzo, Acido Lattico (Gaffi Editore), un noir sportivo che si aggancia a una passione di Saverio, quella per l’atletica leggera, che, oltre a praticarla, racconta dalle pagine della rivista “Correre”. Ed ecco ciò di cui parla il libro:

Un romanzo sull’agonismo estremo, sull’individualismo degli ultimi venti anni che nello sport ha trovato varco e terreno fertile, lasciando spesso vittime sul campo. Un noir che non risparmia dettagli sul doping, sulle tecniche e gli escamotages, sulla realtà più bieca senza giri di parole, una cronaca avvincente e incredibilmente umana in bilico tra sport e attualità.

Di seguito un passaggio del libro:

Quando un estraneo mi chiede che lavoro faccio, con una sobria aria di superiorità sul mio interlocutore, dico: i cinquemila.

Mi compiaccio di quei secondi di imbarazzo e curiosità e attendo la replica. Cosa fai? Corro, sui cinquemila metri ho ottenuto i risultati migliori. Atletica! Fantastico! Gli anelli, il corpo libero! No, quella è la ginnastica, ho detto che corro. Atletica leggera. E ti pagano? Non abbastanza. Beh, non è mai abbastanza, ma fai una cosa bellissima. Non ho le ferie e nessuna forma di previdenza, corro dodici mesi all’anno,in genere due allenamenti al giorno, se ho un infortunio e non posso gareggiare si fa pesante, non corro per un gruppo sportivo militare, la mia società mi passa un mensile fisso ridicolo. Capisco. Non credo. No davvero, immagino i sacrifici, ma anche le soddisfazioni. È tutto automatico, non sono soddisfazioni, non c’è allegria, al massimo è un provvisorio allentamento della tensione, una buona gara è solo un sollievo, come togliersi un paio di scarpe di due numeri più piccole. E perché ti metti due scarpe strette? Penso per avere un’identità, tutti dobbiamo averne una. L’interlocutore a questo punto cerca una scusa per allontanarsi senza sembrare scortese”.