Joe R. Lansdale, anche (e forse soprattutto) nei suoi romanzi più surreali, è sempre riuscito a descrivere perfettamente la realtà dando una lettura che poi non era neanche così tanto metaforica. Accade con il primo episodio della Notte del drive-in quando racconta ciò che accade dentro l’Orbit, il cinema all’aperto in cui rimangono prigionieri gli spettatori mentre sugli schermi passano a ciclo continuo film dell’orrore: un’intuitiva anticipazione di ciò che si verificherà dentro lo stadio di New Orleans durante l’uragano Katrina. Descrizioni del genere non mancano nemmeno nel romanzo La notte del drive-in 3, appena pubblicato da Einaudi. Se forse il richiamo al libro Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane è più che accidentale, questo passaggio sembra un’allegoria delle cronache di guerra contemporanee e delle motivazioni che le scatenano:
Quando ci avvicinammo, una nuvola immensa di corvi si levò contro il cielo rosso, e con loro si alzò anche un enorme sciame di mosche.
Il sole morente che prima illuminava le ali dei corvi e i corpi verdi e neri delle mosche, ora splendeva su un mucchio di forme umane. Alcune erano di legno, altre di plastica, altre ancora di metallo. C’erano soldati sbozzati rozzamente, dipinti di nero e rosso, con alti cappelli e sottogola, occhi azzurri e baffi alla Groucho Marx. C’erano soldati di metallo modellati un po’ meglio, con delle chiavette a molla sulla schiena. C’erano anche delle donne, dipinte per sembrare nude, con capelli biondi e rossi, grandi bocche e occhi azzurri spalancati, con dei pomelli rosa per capezzoli e pennellate nere al posto del pelo pubico […]. Aggrovigliati in mezzo a quei corpi finti si vedevano lunghi tentacoli verdi e teste bulbose e occhi enormi e sporgenti. Alieni dall’aspetto gommoso e altri che sembravano fatti di carne, che era diventata grigia e gocciolava liquidi melmosi. Lì nel cielo, intenti a muovere telecamere, a premere tasti, a filmarci come in un reality-show. E ora erano tutti morti.
Più in alto nel mucchio c’erano autentici corpi umani putrescenti, con le braccia che si disfacevano come plastica fusa, le gambe che si staccavano dall’osso e le teste con gli occhi mangiati. All’inizio mi sembrò che alcuni di loro si muovessero, ma in realtà erano i vermi dentro di loro a muoversi. E a completare l’illusione del movimento c’erano le termiti che rodevano i giocattoli in legno e i corvi che svolazzavano qua e là.
Infine – ma non ultimo – ottima davvero la traduzione di Alfredo Colitto.
Imperdibile, per chi ha apprezzato i primi due capitoli. A un certo punto non sai piu’ cosa stai leggendo, se un libro di favole per bambini, un horror, o Sci-Fi, o un vangelo apocrifo. Bellissimo il crescendo finale.