Ancora dalla parte delle bambine: la strada dell’inferiorità

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Ancora dalla parte delle bambine di Loredana LipperiniAncora dalla parte delle bambine, il libro che Loredana Lipperini ha scritto raccogliendo il testimone di Elena Gianini Belotti, autrice nel 1973 di Dalla parte della bambine, non va a caccia di omicidi. Ma al suo interno si rintracciano elementi che aiutano a comprendere come sia possibile che la vita di una donna finisca per mano di un familiare. Partiamo dai numeri:

tra il 2000 e il 2005 si sono contati in Italia 495 omicidi tra coppie e quasi nove volte su dieci sono stati gli uomini a uccidere […]. Nel febbraio 2007, vengono pubblicati i risultati dell’indagine Istat sulla violenza contro le donne in Italia: 6.743.000, il 31% delle donne tra i 16 e i 10 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Responsabile di aggressione fisica o stupro è nel 70% dei casi il marito o il compagno. Controprova. Nel rapporto Eures-Ansa, “L’omicidio volontario in Italia”, i numeri ci dicono che un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche. Il 70% delle vittime sono donne, soprattutto casalinghe, uccise quasi unicamente per ragioni passionali o in seguito a liti e difficoltà coniugali.

Il problema non è etnico o religioso. Non c’entrano il livello reddittuale o quello scolastico. Né la latitudine. In un mondo in cui l’universo femminile è rosa fin dalla nascita, in cui Paris Hilton istruisce sulla bellezza del nulla e le Winx allungano le distanze sui prodotti della Mattel a suon di magia e grazia, emerge dalle riflessioni di Loredana Lipperini un percorso culturale che torna – più che in passato – ad attribuire al genere un ruolo definito nelle dimaniche sociali. Ruolo che non è scevro dalla propagazione di strategici sensi di colpa per chi lo viola e anche, paradossalmente, per chi lo rispetta.

Si veda il caso, per esempio, della maternità. Un “problema”, quello della tasso di natalità negativo, innescato delle autoctone, accusate più o meno velatamente di aver raccolto alcuni benefici della liberazione sessuale (gettando via quelli più politici e profondi) per lanciarsi in carriere che le portano alla menopausa senza aver trovato il tempo di mettere al mondo dei figli. Ma per coloro che invece non vi rinunciano, subentra il fenomeno della medicalizzazione della gravidanza e della maternità, resi impossibili – o irresponsabili – senza la dovuta supervisione della scienza. O dell’educazione, soprattutto di quella impartita in modalità franchising: è il caso di catene per la commercializzazione di prodotti per gestanti che non si limitano a vendere salopette prémaman o passeggini, ma insegnano posture, suggeriscono sonorità, indicano tassi di accrescimento corporeo oltre i quali c’è da preoccuparsi.

L’informazione, per carità, non rappresenta un disvalore. Anzi. Almeno fino a quando non diventa controllo sullo stile di vita o addestramento sociale all’inferiorità. Come sembrano suggerire le linee (in apparenza) politicamente corrette delle case che producono giocattoli. Si legga qui, in un passaggio di Babsi Jones inserito nel libro:

Barbie e Razanne, dunque: la scelta delle piccole donne postmoderne. Scegli, e poi gareggia: cous cous contro cotoletta, qui si procede a colpi di mestoli e grattugie. E non si accorgono, Barbie e Razanne, che non sono mai “avvenute”, che la fregatura è universale: la loro guerra si è combattuta nel mediocre spazio di un tinello, il loro percorso si è esaurito nel rapido cerchio di un anellino al dito, nel fare e disfare la culla del ciclo mensile: Barbie e Razanne sono l’illusione della femmina che gioca a viveve, e non ha modo di essere individuo. Di Barbie e Razanne è il regno della depilazione e del sorriso: a Barbie e Razanne è stato costruito un regno in cui essere rinchiuse, in ogni regno entrambe sono “libere per niente”.

E a proposito di illusioni, si torna agli echi che scandiscono un altro genere di paure e pericoli. Come quelli per i bambini. Minacciati – si dice – da Internet, dai videogiochi, da YouTube specchio del bullismo, dagli estranei fuori dalle scuole. Dall’uomo nero, insomma, quello che non appartiene all’ambito affettivo o amicale, cordone all’interno del quale – anche qui – si consumano invece forme di sopraffazione. E considera l’autrice in proposito:

I bambini parlano, e sono doppiamente, davvero, vittime: delle violenze reali (che ci sono, ma sono nella stragrande maggioranza dei casi compiute in famiglia) e di quelle di chi riversa su di loro la propria angoscia: e quando il terrore di essere inadeguati diventa insopportabile, appare così “giusto” dare la colpa a qualcosa che viene da fuori. Pedofili. Telefonini. Orchi.

Insomma, questo libro è una disquisizione ampia ed estremamente colta. Parla di televisione e posta del cuore. Problemi adolescenziali con il sesso e contraccezione allegra. Condizionamenti che portano ai disturbi alimentari e canoni di bellezza come sommi valori. Bacheche elettroniche per mamme in preda all’ansia e strategie di marketing che, raccogliendo il comune sentire nel proporre merce a ragazze e ragazzine, tende ad alzare la soglia di attenzione e ad abbassare l’età delle proprie clienti. Ma è anche una lente che permette di comprendere almeno un po’ di più quelle situazioni, estreme e disperate, che troppo spesso finiscono per trasformarsi nell’ennessimo articolo di cronaca nera.

Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini (Serie Bianca — Feltrinelli, 2007. Prefazione di Elena Gianini Belotti) — 284 pagine — € 15,00 — ISBN 9788807171390

(Questa recensione è stata pubblicata all’interno della rubrica Cronaca nera di Thriller Magazine)

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