Trame all’ombra di San Pietro

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Vaticano rosso sangueIn poco più di un centinaio di pagine (più una trentina di appendice) difficilmente si arriva a scandagliare un argomento in modo esaustivo. Ma si può fare altro, come gettare il seme della curiosità. O nutrirlo, visto che non si parla di casi sconosciuti ai lettori delle cronache papaline. È ciò che fanno i giornalisti e scrittori Vittorio Di Cesare e Sandro Provvisionato con il libro Vaticano rosso sangue (Editoriale Olimpia) in cui ripercorrono alcuni dei misteri che hanno caratterizzato il piccolo stato papale nel periodo che va dal 1916 al 1992.

Se si fosse prestato ascolto a Plinio che, nel 45 dopo Cristo, sconsigliava la frequentazione dell’appezzamento di terra al tempo poco più di un malsano acquitrino, la tomba di Pietro e il successivo insediamento cristiano sarebbero stati posizionati altrove. Ma la superstizione pagana non si concilia con la missione pastorale della chiesa e così, in un territorio di pochi metri quadrati sopravvissuto all’unificazione d’Italia e ultimo vessillo di un esteso potere temporale, i secoli hanno visto avvicendarsi trecento pontefici e trame che di spirituale spesso hanno ben poco.

Gli autori, parlando di queste trame, fanno una storia del Novecento che si interseca agli accadimenti della prima e della seconda guerra mondiale tra presidi diplomatici e attività spionistiche da est e da ovest. E si soffermano su alcuni episodi in particolare. Come la morte di Papa Luciani, pontefice per 33 giorni, sulla cui fine – e sulla sua ricostruzione – diversi elementi non tornano. Oppure gli affari che hanno legato istituti finanziari come lo IOR e il Banco Ambrosiano e che hanno visto interrompersi drasticamente le vite di Roberto Calvi e di Michele Sindona mentre altri hanno accolto la fine pacificamente nel loro letto, come nel caso del potente arcivescovo americano Paul Marcinkus.

Di Cesare e Provvisionato suffragano i già adombrati collegamenti tra queste vicende, l’attentato a Giovanni Paolo II, i sequestri di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e di nuovo l’ombra dell’intelligence. Che torna a riflettersi su un presunto duplice omicidio e suicidio avvenuto nel 1998, quando il neo comandante delle guardie svizzere, Alois Estermann, e la moglie di origine venezuelana, Gladys Meza Romero, vennero trovati morti, uccisi da colpi d’arma da fuoco, insieme al vice caporale Cédric Tornay. Un raptus del giovane sottufficiale per rancori professionali, è stata la versione fornita dal corpo di vigilanza vaticana, e sostenuta pubblicamente (e non senza lacune) dall’allora portavoce Joaquìn Navarro Valls. Ma sulla cui ricostruzione, documenti giudiziari alla mano, rimangono diversi dubbi.

Il libro non ne scioglie nessuno, di questi dubbi. E nemmeno si propone di farlo. Ma il suo scopo è quello di disegnare un pezzo di storia, descriverne pedine e giocatori e fornire verosimili ricostruzioni. Se queste siano poi del tutto azzeccate o meno, occorrerà attendere che vengano tolti i sigilli agli archivi della città santa. Il segreto di Stato, storia sotto gli occhi, vale anche per le questioni di Dio.

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