Hippie.com: prima della tecnologia viene la cultura

Standard
Spread the love

Come se si trattasse di un nuovo spirito del capitalismo in versione hi-tech, Hippie.com, saggio scritto da Enrico Beltramini (Vita e Pensiero, 2005), interpreta in chiave inaspettata il fenomeno della new economy. Che non sarebbe la manifestazione economica di una rivoluzione tecnologica, ma la conseguenza di una rivoluzione culturale. Gli Anni Cinquanta con la Beat Generation, gli Anni Sessanta con i movimenti pacifisti e antisegregazionisti, il decennio successivo con l’avvento della New Age, dell’ecologismo e degli influssi delle culture orientali sarebbero dunque gli ingredienti che sono andati a combinarsi con le tre pietre miliari dell’evoluzione tecnologica: l’avvento dei semiconduttori, dei processori e del software.
Tutto ciò, secondo l’autore, sarebbe alla base del decollo negli Anni Novanta della Silicon Valley, dove l’immigrazione diventa un valore aggiunto estremamente importante, dove le doti imprenditoriali sono un elemento meno influente rispetto alla risolutezza decisionale e dove i venture capilist, le società d’affari e gli studi legali di grido hanno messo del loro per creare, da un humus effevescente e disinibito, la bolla speculativa che nel 2000 è scoppiata in faccia al mondo intero. Le motivazioni economiche dello sgonfiamento del mercato sono tuttavia poco indagate e nel testo la ripresa dei mercati sembra condizionata più dalla lotta al terrorismo e dalla conseguente crescita dell’industria bellica, dal neoconservatorismo globale e dalla cavalcata della tigre asiatica piuttosto che dalla ricerca di una via economicamente più sana e meno artefatta.
Di trovare la Next Big Thing, dunque, sembra non sia possibile parlare e probabilmente – lascia intendere l’autore – non avrà una ricaduta economica (o almeno non sarà rapportabile a quella del decennio precedente), nel momento in cui dovesse essere ravvisata. Nessun accenno diretto al software libero – se non in modo trasversale quando si parla dell’ottica di scambio circolare delle informazione e di cooperazione inter-aziendale contrapposta alla logica della concorrenza tout cour -, qualche ammiccamento ai brevetti senza che si prenda esplicita posizione e dal punto di vista linguistico si fa ampio uso di anglicismi. Questi potrebbero essere i difetti del libro, insieme alla poco approfondita analisi sul crollo dei mercati tecnologici di cui sopra. Un libro che comunque rappresenta una chiave di lettura diversa alla letteratura specialistica disponibile e il cui focus – la tecnologia come conseguenza dell’evoluzione culturale anti-sistemica – che probabilmente andrebbe ripreso e scandagliato più a fondo.

Comments are closed.