Durante il microfono aperto che Radio Popolare ha mandato in onda nella mattinata di giovedì 19 luglio, dedicato all’anniversario della strage di via D’Amelio, un ascoltatore ha chiamato esprimendo una sollecitazione a giornalisti e cittadini: non arroccarsi su singoli eventi o su singoli decenni, trattandoli come se fossero compartimenti stagni, ma ampliare l’ottica, dare una lettura organica al recente passato italiano.
L’ascoltatore ha ragione e le motivazioni della sentenza a conclusione del processo di primo grado sulla trattativa Stato-mafia vanno proprio in questo senso: non limitarsi a un periodo, ma allargare la lettura, raccogliere elementi in apparenza frutto di disegni criminali differenti – come quelli scaturiti dalla criminalità politica – per cogliere elementi di raccordo realmente esistenti.
In quest’ottica emerge un quadro che non è il risultato di un unico disegno delinquenziale, frutto di un potente burattinaio, ma che è il fronte più evidente di un’alleanza tra realtà eterogenee, come sembrano essere mafie, estremismo neofascista, apparati d’intelligence che, sulla base di interessi convergenti, “deviano” seguendo input politici ancora da inquadrare nel dettaglio, e massoneria che, al pari, dimentica i postulati della fratellanza in nome di qualcosa di diverso. Ecco alcuni aspetti.