Si va dagli accertamenti compiuti dalla procura di Brescia per l’inchiesta ter sulla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 ai verbali del processo che ne è seguito, messi a disposizione in formato digitale dalla Casa della Memoria che riunisce i parenti delle vittime della bomba esplosa nella città lombarda 38 anni fa. Ma si comprende anche molto altro, come i documenti acquisiti dall’archivio Gladio della settima divisione del Sismi e quelli messi insieme dal giudice bolognese Leonardo Grassi nel corso dell’inchiesta Italicus bis. E si finisce con l’inchiesta “Sistemi criminali” del magistrato siciliano Antonio Ingroia in cui si parla, per la strage di Capaci del 1992, della presenza nelle fila mafiose di militanti di Ordine Nuovo.
Il libro Stragi e mandanti, curato da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione fra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, e dal giornalista Roberto Scardova (arrivato sul luogo dell’esplosione pochi minuti dopo, quel giorno di 32 anni fa, e ancora commosso al ricordo di ciò che vide e raccontò per conto della Rai) va oltre i fatti del 2 agosto 1980. Non può che essere così, tenuto conto dell’ampio panorama storico che prende in considerazione, da Portella della Ginestra (1947) alle stragi mafiosi del biennio 1992-1993. E padre diretto del libro è un dossier che l’Associazione vittime ha depositato in procura la primavera scorsa, 604 pagine in chi si chiede di aprire un’inchiesta per andare alla ricerca dei mandanti dell’attentato che nel capoluogo emiliano fece 85 morti e 200 feriti.
“Questo libro”, scrivono gli autori in apertura del volume che esce oggi per i tipi della reggiana Aliberti Editore, “nasce dalla volontà di contribuire, ancora una volta, alla ricerca e all’individuazione di quanti vollero e progettarono la strage di Bologna. Le sentenze hanno individuato gli autori materiali, ma molti dei loro complici hanno potuto passare impunemente tra le maglie delle inchieste e di tanti processi. La ricerca dei mandanti resta un obiettivo primario: un debito nei confronti delle vittime che aspettano giustizia, e un dovere nei confronti di quanti ricercano la verità su cinquanta anni di strategia della tensione che hanno impedito il normale sviluppo democratico del Paese”.
Ecco allora che il quadro che ne deriva è quello di una formula che ha agito da piazza Fontana in avanti, basato per Bologna sui quadri già accertati in sede processuale – la manovalanza neofascista, la copertura dei servizi segreti e i depistaggi a cui ha contribuito anche la loggia P2 – e che indica ulteriori fasce le cui responsabilità, secondo i familiari delle vittime, andrebbero indagate. Vengono chiamate “le possibili strade per identificare” chi ha impartito l’ordine e ne deriva uno spaccato di storia d’Italia che travalica i confini nazionali laddove suggerisce il coinvolgimento di vertici militari e politici statunitensi e attinge a fonti come i documenti desecretati dall’intelligence britannica.
“Quello che offriamo non è il racconto di una storia né la proposizione di certezze”, tengono a precisare Bolognesi e Scardova, “ma una raccolta ragionata di dati conoscitivi potenzialmente utili alla ricostruzione della strage del 2 agosto 1980. L’arroganza del potere lascia tracce, come le lumache, basta seguirle per arrivare all’origine di quegli eventi devastanti”.