Così morì Pasolini, lunga retrospettiva di Gianni Borgna e Carlo Lucarelli pubblicata su Micromega, prova a ipotizzare un percorso, un filo logico, che aiuti a comprendere la morte del poeta e scrittore contestualizzandolo all’interno di ricostruzioni contraddittorie, accuse nebulose, eventi storici solo apparentemente slegati, violenza politica e libri a rischio. E si legge:
La nostra è un’ipotesi. Se ne possono fare anche altre. Quel che è certo è che solo così si può spiegare logicamente e razionalmente quel che accadde quella maledetta notte all’Idroscalo. Solo così si può cominciare a dare un volto, se non un nome, agli «ignoti» di cui parlò la sentenza di primo grado.
Se si trattò di un delitto politico in senso lato, di un delitto «semplicemente politico», questi ignoti potrebbero anche essere delle persone che magari volevano soltanto rapinare Pasolini, o «punirlo» per la sua omosessualità e anche, forse, per la sua fede politica. Ma Pasolini, che era forte e coraggioso, si difese e allora il pestaggio degenerò in un massacro. È possibile, ma non del tutto convincente. Non è convincente, in particolare, tutta quella ferocia spinta fino alle estreme conseguenze nei confronti di un uomo che a quei ragazzi poteva persino essere molto utile. Se, invece, si trattò di un delitto politico in senso stretto, di un delitto «complessamente politico», allora è più probabile che i killer fossero dei veri professionisti, che rispondevano a un preciso mandato.
(Via Lipperatura.)