Lo scrittore Vincenzo Cerami ha pubblicato questa mattina una serie di riflessioni a proposito di Fiera del Libro di Torino e proteste contro gli scrittori israeliani. A ospitare il pezzo è il quotidiano Il Mattino e si intitola Le bandiere dei libri e della pace. Online è disponibile solo una parte dell’articolo mentre di seguito viene riportato integralmente per andare ad aggiungersi a considerazioni precedenti sull’argomento.
A Torino sta per cominciare la Fiera del Libro. Quest’anno è dedicata alla tormentata terra di Israele, un’occasione per far circolare le idee, discutere, anche scontrarsi, ma sempre parlando di pace, di una pace che sappiamo difficile da raggiungere. Qualcuno ha colto l’occasione per mettere in scena il proprio dissenso bruciando la bandiera di Israele. Il gesto è stato teatrale, drammatico, esibito da chi non vuole riconoscere a quel territorio la legittimità di Stato.
Il luogo scelto per un gesto così aggressivo è doppiamente sbagliato. Protagonisti della Fiera del Libro sono i libri, per definizione oggetti artistici che contengono verità non ufficiali, sentimenti non codificati, passioni non scontate, verità che la politica fatalmente trascura e che pure raccontano la vita e la morte delle persone.
Tutti sappiamo che gran parte degli scrittori israeliani è molto critica nei confronti del proprio governo, non perde occasione di denunciarne l’impotenza, l’incapacità di agire affinché tutto il territorio mediorientale possa trovare un modus vivendi che con il tempo si trasformi in pace e collaborazione costruttiva. Tuttavia non bisogna dimenticare che la spirale della violenza è mantenuta in vita dal terrorismo inarrestabile e dal fanatismo religioso degli integralisti.
Ma le storie narrate dagli scrittori israeliani vanno al di là della contingenza politica e diplomatica. Il romanzo o la poesia, per loro natura, non sono schiacciati sull’immediato, anche quando parlano del presente. Il dialogo, il conoscersi nel fondo, lo scambio delle esperienze letterarie e artistiche aiutano l’amicizia tra i popoli molto più di quanto non crediamo. Senza la conoscenza dell’altro, della sua vita, dei suoi sogni, dei suoi lutti, si è condannati alla cecità e alla solitudine. La pace è solo una parola se non vediamo e non immaginiamo nemmeno cosa vogliano dire tragedia e lutto, e anche cosa vuol dire vivere nella pace, nella sicurezza, negli affetti.
Bruciare bandiere anche in occasione di un incontro internazionale di scrittori che non possono non anelare alla pace è gesto incongruo, sgraziato, controproducente, e soprattutto violento come un atto bellico. I libri di Torino parlano di essere umani, non di ciò che tutti i giorni vediamo in televisione. E gli esseri umani, tutti, a qualsiasi nazione appartengano, non hanno bandiere.