- Pino Nicotri, Ecco il dossier sui 6.000 schiavi del lavoro sfruttati dalla Chiesa durante il nazismo:
Il problema però è che questo merito non cancella una realtà troppo poco nota: in fatto di schiavitù la Chiesa, da S. Paolo in poi, è sempre stata pronta ad avvalorarla, a volte perfino proibendo il sacerdozio a chi era stato schiavo. Tutti eguali e fratelli sì, ma “in Cristo”: NON di fronte alla legge, ai diritti e ai doveri del mondo terreno. Mentre gli ebrei dopo 7 anni erano tenuti in linea di massima a liberare i propri schiavi, la variante dell’ebraismo chiamata cristianesimo non aveva questo limite, ammetteva invece che si potesse restare schiavi l’intera vita e che i figli degli schiavi fossero schiavi anch’essi, come tali separabili dai genitori e vendibili anche da bambini. E proprio questa legittimazione dello schiavismo ha fatto pendere la bilancia in favore del cristianesimo fino allo “sdoganamento” deciso da Costantino e alla messa fuorilegge di tutte le altre religioni decisa da Teodosio. Il cristianesimo infatti ben si prestava cos¡ a evitare le endemiche rivolte degli schiavi (delle quali in pratica a scuola ci fanno conoscere solo quella capeggiata da Spartaco): concedeva loro l’eguaglianza, sia pure “in Cristo” e non davanti alle leggi e ai diritti, e prometteva agli schiavi e ai poveri cristi in generale non solo il paradiso, bensì perfino che essendo stati in terra gli ultimi sarebbero stati i primi nell’aldilà… Insomma, col cristianesimo la pace sociale era assicurata, a differenza che con l’ebraismo o il paganesimo, e quindi lo Stato, vale a dire l’Impero Romano, fece le sue scelte politiche camuffate – as usual – da scelte religiose.