(Aggiornamento del 18 marzo: Le violenze impunite del lager Bolzaneto e “Io, l’infame della caserma che ha denunciato quelle torture” di Giuseppe D’Avanzo.)
Carta ha pubblicato ieri l’articolo che riporto sotto firmato dal giornalista Lorenzo Guadagnucci, autore del libro Noi della Diaz, sei anni dopo (a cui è collegato l’omonimo blog), di recente uscito in versione aggiornata per i tipi di Altreconomia – Terre di mezzo, che ha dato alle stampe anche Distratti dalla libertà. Napoli, Genova, Cosenza, Milano. E se accadesse di nuovo? Senza troppi spazi ai malintesi, il pezzo si intitola Bolzaneto, luglio 2001: un caso di tortura e fa riferimento alla richiesta di condanna contro chi inflisse violenze ai manifestanti fermati.
Il processo di Bolzaneto offre un eccellente spaccato sullo stato di salute della democrazia italiana. Stamani in tribunale a Genova i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno chiesto pene per 76 anni a carico di 44 imputati [su 45] accusati di vari reati per i cosidetti fatti di Bolzaneto, avvenuti durante il G8 del 2001, ma hanno soprattutto spiegato che in quei giorni, in una caserma della polizia repubblicana, si praticò la tortura. I pm hanno riscontrato «almeno quattro» delle cinque tecniche di interrogatorio che la Corte Europea definì «trattamenti inumani e degradanti» quando si pronunciò sulla repressione, da parte delle autorità britanniche, di tumulti e proteste nell’Irlanda del Nord negli anni settanta.
Ma poiché l’Italia è un paese molto speciale e non ha una legge ad hoc sulla tortura–unico fra i 15 paesi che formano il «nucleo centrale» dell’Unione europea–i pm non hanno potuto trattare il caso Bolzaneto come sarebbe stato necessario, appunto come un caso di tortura. Perciò l’imputato con la richiesta di pena più alta, l’ispettore Antonio Gugliotta, rischia 5 anni, 8 mesi e 5 giorni per abuso di ufficio e abuso di autorità sui detenuti. Perciò Alessandro Perugini, all’epoca vice capo della Digos genovese, rischia 3 anni e 6 mesi per gli stessi reati. Perugini–fra parentesi–è lo stesso funzionario imputato in un altro «famoso» processo, relativo all’arresto e al pestaggio di un minorenne: un notissimo video ritrae il funzionario–vestito con un’indimenticabile maglietta color giallo canarino–mentre sferra un calcio in faccia al ragazzo, inginocchiato, circondato dagli agenti e col volto già tumefatto. Comunque sia Gugliotta, Perugini e tutti gli altri non rischiano niente. Anche se venissero condannati dal tribunale, nel gennaio 2009 scatterà la prescrizione e la giustizia–se vogliamo ancora chiamarla così–avrà fatto il suo corso con un nulla di fatto.
Eppure i pm hanno spiegato in aula, sulla base di alcune centinaia di testimonianze, che nella caserma, fra le altre cose, si sbattevano teste contro i muri, si spezzavano dita, s’infilava la testa di detenuti nel buco del water, si manganellavano persone inermi, si minacciavano le ragazze di stupro…
Questo processo è uno spaccato dell’Italia di oggi, perché mostra l’orrore nel quale possono sprofondare le democrazie, e perché mette a nudo quanto sia stata vile e irresponsabile la condotta delle istituzioni e del mondo politico in questi sette anni. E’ dal 2001 che sappiamo, oltre ogni ragionevole dubbio, e indipendentemente dai procedimenti penali, che la tortura è stata praticata su ampia scala. Eppure ci ritroviamo oggi con un ordinamento che ancora non contempla questo reato, con forze di polizia che si sono opposte all’operazione di pulizia e trasparenza che era necessaria, con governi che hanno avallato le promozioni degli imputati più «prestigiosi»: al processo su Bolzaneto non ci sono gli «alti papaveri» [rubo l’espressione all’imputato Vincenzo Canterini] sotto processo alla Diaz, ma intanto Perugini è diventato vice questore, Oronzo Doria [pena richiesta: 3 anni e 6 mesi] da colonnello è divenuto generale della polizia penitenziaria…
La verità è che le istituzioni, le maggiori forze politiche, i governi che si sono alteranti in questi anni, vogliono che tutti ci abituiamo all’idea che si può convivere con la tortura, con gli abusi delle forze di polizie, con una Costituzione di fatto mutilata. Dopo tutto, pochi giorni fa il presidente Bush ha messo il veto alla legge del Congresso che voleva mettere un limite alle «tecniche di interrogatorio» praticate dalla Cia sui presunti terroristi. Così va il mondo.
Scommettiamo che Bolzaneto, la tortura, l’impunità garantita ai responsabili delle violazioni compiute a Genova non saranno argomento di campagna elettorale né tantomeno di lavoro politico e parlamentare nella prossima legislatura?
Aggiornamento del 13 marzo: su Carmilla, sempre su questo argomento, è stato pubblicato l’articolo La normalità del male di Blicero.
Avevo sentito per radio delle richieste dell’accusa ed ero rimasto stupito (non conoscendo a fondo la situazione) del basso numero di anni totali di carcere richiesti.
Certo che scoprire che da noi la tortura non costituisce un reato in quanto tale e bisogna perseguire un torturatore per altri reati è veramente triste :(
Già, vero, Alberto. Peraltro, se anche le richieste della pubblica accusa fossero accolte, si tratterebbe di un primo grado di giudizio ed e’ ipotizzabile che, prima della sentenza di appello, arrivi la prescrizione del reato. Dunque, ha ragione Guadagnucci: non solo non si parla di determinati temi nel corso di questa campagna elettorale, ma forse non è così balzana l’idea di doversi gioco forza abituare a certe situazioni che violano carte costituzionali e diritti fondamentali.