Scriveva qualche giorno fa Bruno Vespa sul blog di Grazia compiacendosi del fatto che la ragazza romena accusata dell’omicidio nella metropolitana di Roma abbia ammesso di essere una “libera professionista”:
Non crediamo sia impossibile cercare piccole unità immobiliari da riservare alle prostitute all’interno di zone specifiche. Insomma, si decida quel che si vuole, a patto che le strade diventino più vivibili. Perché a rimetterci sono, come al solito, le fasce di popolazione più deboli.
Ovviamente le fasce deboli non sono le donne e gli potrebbe rispondere Vanna Ugolini, l’autrice del libro Tania e le altre – Storia di una schiava bambina:
Si discute di come risolvere il problema della prostituzione con le case chiuse o, per lo meno, obbligando le donne che si vendono a non farsi vedere lungo le strade per tutelare il decoro di chi vive in quei quartieri. Si discute di come tassarne i guadagni in nome dell’equità fiscale e per arrotondare le entrate dello Stato. Si parla della prostituzione come esempio estremo di libertà da parte delle donne, un modo gioioso e redditizio di gestione del proprio corpo. E quando non si sa più cosa dire torna sempre a galla la solita frase, pronunciata a volte con rassegnazione, a volte con modi ammiccanti: “È il mestiere più antico del mondo”.
E infatti Vespa sostiene che:
Quel sant’uomo di don Oreste Benzi è convinto che il commercio del corpo si possa abolire. La storia dell’umanità ci insegna che non è così.