La Lola della Bassa – 7

Standard
Spread the love

L’affare

Lola aveva appena lasciato la canonica dopo aver mercanteggiato e raggiunto un accordo che sembrava compiacerla. L’incontro con don Franco e Mario si era rivelato più interessante del previsto: se della vendita degli abiti e delle suppellettili di Antonietta e Carlotta poteva occuparsi personalmente vista la pratica acquisita con la bottega, la procura che le due donne le avevano firmato per la casa della prima e le rispettive piccole somme di denaro era tutt’altro affare e le occorreva qualcuno avvezzo a questioni pecuniarie più complesse.
Contare su Ferruccio era come scommettere su un cavallo perdente: lavorava sì al catasto, ma di immobili ne capiva quanto di politica, cioè nulla, e si limitava a firmare apatico carte e disegni, catalogare i progetti e ripescarli all’uopo quando qualcuno ne faceva domanda. Figurarsi se Lola avrebbe potuto contare su di lui per azzeccare la strada attraverso cui far fruttare quanto meno quelle poche lire lasciatele, soprattutto in tempi precari come quelli di guerra. Doveva rivolgersi a qualcun altro e fidarsi di chi aveva fiuto per il denaro e guzzo per i mercanteggi.
Dal canto loro, anche il parroco e l’allevatore si potevano dichiarare soddisfatti: se la ruota girava come avevano appena iniziato ad architettare, avrebbero avuto di che campare decentemente quando la vecchiaia sarebbe arrivata per non andarsene più. Ora stava solo a loro fare in modo che i piccoli possessi rendessero quel tanto da mettere da parte una piccola fortuna.
«Cerchiamo di capire prima di tutto quanto abbiamo in mano,» esordì Mario non appena Lola fu uscita e poterono dedicarsi in santa pace ai loro compiti.
«A giudicare dalle carte, al momento c’è la proprietà della Cocinelli: due ettari di terreno e il casolare cadente ma ampio. In più c’è ancora qualche attrezzo agricolo del vecchio, ma in questo caso è roba inservibile, mangiata dalla ruggine e dall’usura, praticamente da buttare. Il resto quanto può valere?» domandò don Franco dopo il veloce inventario.
«Forse un migliaio di lire o giù di lì, che sono comunque soldi di questi tempi. E poi ci sono altre duecento lire, quello che le donne hanno lasciato prima della partenza,» ridacchiò l’uomo. «Meglio comunque aspettare un po’ prima di vendere o investire. Se tutto avviene troppo in fretta, magari qualcuno si fa venire strane idee per la testa.»
«Già,» convenne il prete, «e comunque la più esposta è la Lola: se si mette a trafficare con la loro biancheria e con i loro soprammobili subito, sarà lei a dover dare spiegazioni. Finirebbe forse per starnazzare più del dovuto e si sa come sono le femmine quando parlano: non pensano e mandano a carte quarantotto anche gli interessi altrui. Dobbiamo tenerla buona per qualche tempo e gli strumenti ce li abbiamo, non è forse vero?»
Il prete non aveva torto. Qualche strumento ce lo avevano davvero o, almeno, uno di sicuro. Da qualche mese, infatti, Mario giaceva regolarmente con Lola. Tra i due non c’era amore così come nessun altro dei sentimenti che finisce per unire un uomo a una donna. Ma il seme di Ferruccio era maledetto, su questo non c’erano dubbi, e Lola non ne poteva più di assistere al puntuale svuotamento del suo ventre gravido senza mai poter stringere tra le braccia il frutto dell’unione con il marito. Ecco così che le era balzata nel cervello l’idea di ingannare il fato e di cercare le gioie della maternità laddove il malocchio non sapeva di dover cadere.
Concedersi ai pruriti dell’allevatore però non costituiva del tutto un sacrificio ai dettami della natura. Aveva resistito per un po’ alle esplicite proposte dell’uomo, ma poi si era decisa nella convinzione che donare la vita non c’entrasse con il giuramento di fedeltà pronunciato davanti a Nostro Signore il giorno del suo matrimonio. Va aggiunto poi che l’accoppiamento con Mario era tutt’altro che insoddisfacente. Anzi, i loro incontri, consumati in qualche alcova di fortuna offerta dalle campagne che conducono al Po, donavano piacere a entrambi malgrado la fretta, gli insetti e il pericolo che qualcuno li scorgesse e li trasformasse nell’ultimo pettegolezzo del paese. Inoltre i loro scopi erano cristallini. Per lei, era il concepimento di una creatura che la rendesse finalmente madre. Per lui, invece, rappresentava la ricerca di un orgasmo che la moglie ormai gli negava, in barba a qualsiasi cristiano indottrinamento e ai doveri coniugali che si imponevano a una donna da che il mondo era tale.
Dunque, che Mario all’improvviso si negasse sarebbe stato un colpo per Lola e lei, nutrita da un istinto materno deluso e frustrato da anni di fallimenti, più volte si era dimostrata remissiva ai desideri dell’allevatore.
Di fronte a questa situazione, Don Franco avrebbe dovuto condannare la condotta dei due amanti per la dignità che gli concedeva la sua missione, ma, dimenticando per un attimo i suoi compiti pastorali, lasciò che a parlare per lui fosse la faccia più secolare della sua anima. E tacendo sul peccato di adulterio che la coppia perpetrava, congiunse le mani e sorrise.
«Bene, vedo che la situazione si annuncia sotto controllo. Quella donna rappresenta la nostra gallina e la dobbiamo spennare prima che diventi stopposa.»
Detto questo, il prete si alzò e, avvicinandosi alla madia, ne trasse due bicchieri e un fiasco di vino per suggelare quello che finalmente sembrava avere tutti i contorni di un buon affare per entrambi.
«Signor Mario, perdonate la domanda,» disse di nuovo don Franco mentre allungava all’allevatore il suo bicchiere, «ma prima o dopo parlate mai?»
«Ecco un prete con uno scopo,» tuonò in una grassa risata Mario.
«Prego?»
«Ma sì, ma sì, siete alla ricerca di qualche altro particolare per assicurarvi il vostro tornaconto, non è forse vero?»
Mario si era sporto sul tavolo pronunciando queste parole con espressione complice. E appariva anche compiaciuto, consapevole com’era di disporre di più dettagli rispetto al sacerdote sul conto di Lola. Lei, che fosse solo ingenua o anche un po’ più stupida di quel che sembrava, era comunque così intrisa di credenze popolari che di certo si sarebbe guardata bene dal raccontare in confessione al suo pastore di anime ciò che covava nel cuore. Non era solo la ricerca di un nascituro vivo a dettare la sua condotta matrimoniale, ma il tentativo di sfuggire a un maleficio contro cui il potere umano non avrebbe stato di alcuna difesa.
Certo che parlavano, Mario e Lola, dopo. E Mario sapeva anche perché la bottegaia concepiva senza altro risultato che un aborto spontaneo. Conosceva gli accadimenti che avevano portato ad annunciare la sterilità del suo matrimonio e l’odio che li aveva generati. Non credeva davvero al fantasma della madre di Lola che vegliava sul perpetuarsi della sua maledizione, preferiva pensare a qualche scherzo della natura di cui si sente ogni tanto. Il resto, per lui, erano solo superstizioni di gente del Meridione che non conosce i dettami della religione, figurarsi se sa riconoscere la realtà della fantasia.
Di fronte al silenzio compiaciuto di Mario, don Franco non aveva insistito. Ma quando il complice si era calcato il cappello sulla testa dirigendosi verso la porta, aveva formulato un’ultima domanda.
«Signor Mario, perdonate, ma che è successo esattamente a quelle due disgraziate?»
«E che ne so, padre? Questo no che non è affar nostro.»
Detto ciò, Mario si chiuse la porta alle spalle per inforcare la bicicletta e far rientro a casa.

Comments are closed.