Uno straccio di laicità

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Uno straccio di laicitàDa FdC. Un’iniziativa che parte delle radio – ControRadio di Firenze l’ha lanciata e diverse altre emittenti del circuito di Popolare Network l’hanno rimbalzata in giro per l’etere – e si aggancia alla rete per potersi propagare ancora di più. È uno straccio di laicità e la sua attuazione pratica è piuttosto semplice: legare un nastro di un colore specifico a borse, auto, biciclette, zaini, motorini. Un po’ come avviene con frammenti di tessuto bianchi per Emergency o per molte altre iniziative analoghe. E il motivo è già intuibile fin dal nome. Come si legge sul sito di ControRadio:

Lanciata quasi per gioco […], la campagna ha subito dilagato […] per dichiarare pubblicamente la nostra voglia di laicità e la nostra contrarietà alle pesanti e quotidiane ingerenze del Vaticano nella vita politica italiana. E scegliete voi il colore. Gli ascoltatori hanno scelto: rosa scuro (porpora?) […]. Siamo tutti divorziati (e aspettiamo la comunione), siamo tutti conviventi, siamo tutti gay, siamo tutti credenti e tutti laici. Ma vogliamo che lo stato sia laico. Contro lo scontro di civiltà. Contro la campagna vaticana martellante, pesante e volgare, giorno dopo giorno che “iddio mette in terra”. A questa volontà scientifica di provocazione, laici e credenti (uniti nella lotta) rispondono in maniera pacifica, simpatica e non violenta.

Del resto, in tempi di Family Day contro Dico, le recenti dichiarazioni di monsignor Angelo Bagnasco, presidente della CEI, hanno esasperato anche chi non ha manifestato il proprio dissenso sui muri. E non basta dire che giornali e opinione pubblica hanno frainteso, come accade spesso quando un sasso lanciato in uno stagno si tira dietro un’onda anomala invece di qualche cerchietto d’acqua.

La bolognese Città del Capo – Radio Metropolitana è probabilmente la “sorella” di circuito che più sta dando rilevanza all’iniziativa partita da Firenze. E in queste mattine ha mandato in onda finora cinque interviste a personaggi non soltanto bolognesi piuttosto noti: l’autore e regista Alessandro Bergonzoni, il medico membro del comitato nazionale di bioetica Carlo Flamigni, lo scrittore Carlo Lucarelli, il Premio Nobel Dario Fo e lo scrittore e musicista Emidio Clementi. Tutti per dire – da prospettive e con linguaggi differenti – che la religione e le sue istituzioni devono avere per la società civile e laica lo stesso rispetto che chiedono per sé.

Dal sito dell’emittente bolognese è stata lanciata anche un’adesione telematica alla campagna mentre sono numerose le realtà che hanno già sottoscritto l’iniziativa. Tra questi:

6 thoughts on “Uno straccio di laicità

  1. E’ utopico pensare che la chiesa possa tranquillamente dire quello che vuole tanto l’ascolta solo quella piccolissima percentuale di gente realmente e profondamente praticante?
    E’ utopico dire che è sufficiente non votare chi fa della sua fede una bandiera politica? (non parlo di chi è credente ma dichiara di svolgere il suo compito di politico rispettando la costituzione che è laica e quindi promulgando leggi laiche)
    Forse è utopico: quando vado a votare mi tocca escludere i non laici, devo escludere chi ha commesso reati, escludo anche chi mi pare voglia fare soli i propri interessi e non quelli del paese… faccio prima a non andar a votare :(

  2. Ne parlo anch’io ovviamente. OT: Antonella, hai cambiato qualcosa nel foglio di stile? IE6.0/Win2000 (purtroppo al lavoro non hanno i Mac!) e si vede tutto incolonnato e strettissimo!! (è colpa di IE)…

  3. Maurizio, grazie della segnalazione. Vedo di capire dove sta (questa volta) l’inghippo: non è che sono un drago con il codice :)

  4. GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT

    Vergognati, Maurizio!

    di Antonello De Pierro

    E’ un grido di dolore quello che si leva da qualche mese dal mondo della cultura, dopo che la televisione ha catapultato nelle case degli italiani il discusso programma denominato “Grande Fratello”, creando un prodotto inconsistente, che è stato immediatamente e incomprensibilmente rapito dalle cronache dei media. E quando parlo di cultura naturalmente mi riferisco a quella con la c maiuscola, quella dei grandi (purtroppo pochi) uomini, quella nella sua accezione più ampia, quella che ha da sempre rifiutato di nutrirsi di surrogati ideologici e di imparare la lezione della buona ipocrisia, tanto amata dai più. Eppure la televisione, che ormai da anni affoga in una programmazione demenziale, diseducativa, ripetitiva e scadente, ci aveva abituati da tempo allo squallore delle telenovelas e della soap opera, incollando ai teleschermi il popolo televisivo delle casalinghe, col grembiule al ventre, che tra un bucato e l’altro, per innaffiare l’arido giardino della solitudine giornaliera, si incantavano e sognavano di fronte ai miti improbabili di “Beatiful” o di “Quando si ama”. Si trattava sempre e comunque di artisti che, costretti da esigenze professionali e allettati da ingaggi stratosferici, legavano il proprio nome a produzioni di scarso valore culturale. Con il “Grande Fratello” si è valicato ogni limite di decenza, i colossali interessi economici hanno relegato in soffitta qualsiasi senso di moralità. Un manipolo di ragazzi comuni, messi per cento giorni a colloquio con l’occhio freddo di una telecamera “guardona”, sbattuti davanti a pupille spalancate collegate a cervelli altrettanto ristretti, e scaraventati verso una notorietà di cartone non supportata da un’adeguata preparazione professionale. Un business ben congegnato, che ha affondato facilmente le radici in un terreno intriso di sottocultura e ignoranza, atto a spremere come limoni le illusioni di un gruppo di giovani che forse avrebbero potuto intraprendere carriere sicuramente più idonee alle loro attitudini, piuttosto che essere magnificati dai “polli d’allevamento” dell’Italia provinciale che si entusiasma di fronte a tutto ciò che passa sul piccolo schermo, ma essere sottoposti giustamente al mortificante rito dell’irrisione da parte delle vere teste pensanti nazionali. Ed ecco invece i vari Pietro, Salvo, Marina, Cristina, Rocco, Lorenzo, invasati da una droga che si chiama successo, correre con la naturalezza dell’inevitabile, a suon di apparizioni varie, verso un futuro incerto, segnato da suggestioni pseudo-professionali. Di fronte ad una tale situazione non posso avvolgere le mie parole nella carta zuccherata e rinunciare a dissotterrare l’ascia di guerra della polemica. C’è una categoria in Italia fortemente rappresentata, quella degli artisti veri, spinti dal comando imperioso di un’acrobatica passione per lo spettacolo, che annaspa da sempre nell’oceano della precarietà e vive costantemente in bilico sul baratro della disoccupazione. Le scuole di preparazione artistica ne sfornano a centinaia; basta girare i teatri, anche i più piccoli, per scoprire veri talenti, di cui l’Italia non è mai stata avara. E invece ecco apparire improvvisamente sulla scena Marina La Rosa, che ubriacata dalla popolarità riesce ad offendere finanche quei fotografi che da sempre hanno fatto la fortuna dei vip, definendoli “braccia rubate all’agricoltura”; la Sofia nazionale ancora venera i professionisti dei flash a raffica ( comunque c’è da dire che sulla Loren le brume del mito si sono posate davvero). Ma il prodotto più scandaloso si chiama Pietro Taricone, che calzando la sua normale faccia da bullo di paese riesce incredibilmente a vendere la sua presenza a fior di milioni nelle discoteche di provincia e nei suoi sogni lascia ingenuamente galleggiare un futuro alla Kevin Costner: l’importante è crederci, ma purtroppo il risveglio sarà doloroso e disastroso

    E’ già criticabile l’operazione, che ha messo a nudo il livello di sottocultura di gran parte degli italiani, ma purtroppo per i produttori televisivi, non è facile sacrificare i propri interessi sull’altare della cultura, della moralità e del buonsenso. Ma quando un giornalista di grande spessore, con vocazione da imprenditore, marcia con i cingoli sopra ogni principio etico-professionale, allora
    il caso diventa inquietante. Quanta popolarità in meno avrebbero ottenuto i ragazzi “usa e getta” del “Grande Fratello” se non fossero stati foraggiati dall’ala protettiva di Costanzo, che li ha aiutati a continuare la semina dei germi di tutti gli aspetti deteriori dell’odierna società? Probabilmente i valori del grafico di notorietà sarebbero molto più modesti. Caro Maurizio, pesa su di te una forte responsabilità morale, sia nei confronti di quelli che il successo l’hanno cucito sulla propria pelle, strappando l’ago e il filo a rinunce e sacrifici fatti nelle scuole, nei teatri, nelle piazze, e sia nei confronti delle fasce più deboli dell’esercito dei telespettatori. Ho visto un giorno in un mercato un bambino giocare con dei soldatini e chiamarli con i nomi dei protagonisti del grande fratello. Hai sostenuto una trasmissione che, anche se con un ipocrita “bip” celava certe espressioni colorite, non dava comunque molto spazio all’immaginazione per capire, risultando quindi altamente diseducativa, tenuto conto anche della fascia oraria in cui veniva trasmessa. Sono tanti i petali di simpatia persi da te in questa occasione. Infine, colpito da un delirio di onnipotenza hai pensato bene di organizzare una puntata chiamata “Pietro contro tutti” in prima serata, con un Taricone versione re dei “coatti”, con canotta strizzamuscoli senza maniche, a troneggiare sul palco del teatro Parioli, ingaggiando un vittorioso “braccio di ferro” a colpi di audience con “La Piovra”, pellicola a interesse sociale in onda su Raiuno, mettendo a nudo ancora una volta, se qualcuno avesse avuto qualche ulteriore dubbio, il livello culturale dei telespettatori del “Maurizio Costanzo Show”. Un’ennesima conferma di come un grande giornalista abbia potuto bruciare sulla graticola dell’interesse economico, perché audience per te vuol dire sponsor, non dimentichiamolo, la propria credibilità professionale. Del resto in nome dell’audience avevi già rifiutato di ospitare in trasmissione i rappresentanti del “Comitato Vittime del Portuense”, perché chiaramente ventisette morti per te non hanno importanza, sono solo una lugubre contabilità di normale amministrazione giornaliera, di fronte al sacro inchino al potere dello sporco Dio denaro, a cui ti sei convertito e sottomesso. Vergogna!

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